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Non c’è solo Spotify, per esempio…

In questo post avevo scritto di come Spotify da un po’ di tempo operi spesso la scelta editoriale di non pubblicare album di cover.

Questo può diventare un grosso grattacapo per qualsiasi artista musicale che vuol mantenere un alto tasso di produzioni discografiche e lo è anche per l’etichetta che gli pubblica la musica. Fortunatamente questa selezione non è applicata su altre piattaforme come YouTube e Deezer se vogliamo fermarci alle app di streaming gratuito con pubblicità.

Non c'è solo Spotify, c'è anche YouTube Music
courtesy Pixabay.com

Nonostante Spotify faccia il fighetto, è ancora YouTube la prima fonte di ascolto di musica in streaming, tra l’altro gode di una fascia d’età di ascoltatori più ampia rispetto l’app svedese. Dal 2019 al sito si è affiancata l’app YouTube Music che consente di sfogliare video e playlist più agevolmente. A suo vantaggio, va anche detto che il motore di ricerca di YouTube, ampiamente collaudato, è molto più soddisfacente rispetto a quello di Spotify.

Ma come puoi far conoscere le tue musiche su YouTube?

Le buone pratiche in fondo sono sempre le stesse:

  • Crea delle playlist in cui metti le tue canzoni.
  • Interagisci e scambia musica con altri Youtubers e musicisti e creati una community che ti segua.
  • Commenta la musica che ti piace su altri canali, magari mettendoci anche tutta la tua competenza oltre che il gusto.
  • Condividi le tue playlist sui tuoi social

Inoltre YouTube crea in automatico un canale artista (Tema o Topic) dove raccoglie tutte le tue pubblicazioni, anche quelle che generalmente vengono caricate in automatico dai distributori digitali (Believe, The Orchard, Distrokids, Tunecore). Condividilo e fallo conoscere. Stessa cosa vale se hai un tuo canale personale.

Su Deezer per il momento mi limito a dire che le sue funzionalità sono molto simili a Spotify e le regole per il suo buon utilizzo sono le stesse che ho elencato per YouTube.

Nei tempi della musica in streaming, qualsiasi sia il canale che prediligi, Spotify, AppleMusic, YouTube, Deezer o altro, curare e far crescere una community e partecipare in altre community, è l’unico modo conosciuto per far conoscere la tua musica on line. Lo puoi anche fare dal vivo durante i concerti e con il contatto diretto con il pubblico, ma lo dovresti fare anche quando sei davanti al computer o al cellulare.

E’ un passaggio obbligato che va fatto con metodo e costanza, puoi farlo direttamente tu, oppure affidarti a qualcuno che ti dia una mano per crescere.

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Business e Marketing della Musica: Tutto quello che musicisti, autori, manager, produttori ed editori devono sapere per vivere di musica

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Conoscere le regole del gioco è fondamentale per vivere di musica.
Con un tono semplice e colloquiale, questo libro prende per mano il creativo in campo musicale e lo accompagna in un viaggio tra le tante questioni che deve affrontare oggi: dalla conoscenza dei diritti d’autore e connessi, all’esame delle figure professionali e dei contratti più comuni, dai fondamenti di marketing e a come promuoversi, alla distribuzione digitale e alla concreta realizzazione dei propri profili, fino all’illustrazione dei nuovi mestieri della musica che possono contribuire a dare sussistenza al creativo, realizzando così di fatto il sogno di “vivere di musica”. Non manca uno sguardo sul futuro: NFT e blockchain, intelligenza artificiale e realtà aumentata e nuovi scenari.
I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
Insomma, un bel viaggio, adatto chiunque sia appassionato di musica e voglia trasformarla in un mestiere, oppure a quei professionisti del settore che desiderino consolidare o mettere a fuoco le regole del business e del marketing musicale.
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musica streaming

8 cose da evitare con i servizi musicali in streaming

Avere un album o un brano pubblicato da un distributore digitale, streaming o mp3 che sia Spotify, Deezer, Apple o altro è semplice. Questo non significa che i distributori digitali non chiedano specifici requisiti per accettare la tua musica nel loro catalogo.

chitarra classica con note
Alcuni consigli per non vedersi bocciato un brano da una piattaforma streaming.

In questo post ti elencherò alcune linee guida usate dai principali distributori di musica digitale che devi tener in seriamente in considerazione, se non vuoi correre il rischio di veder rifiutato il tuo brano.
Queste linee guida sono inoltre applicate dai principali distributori di musica digitale (Believe, Tunecore, The Orchard…) perché sono richieste esplicitamente dalle piattaforme di streaming musicale e dai negozi digitali.

  1. Tributi, Karaoke e cover simili al brano originale.

    Si definisce una registrazione Sound-Alike quando un brano imita il suono di un disco popolare o lo stile di un artista di popolare; il termine si riferisce anche agli artisti che si esibiscono in tali registrazioni. Le piattaforme digitali amano prodotti unici e onesti, che non possano generare confusione negli ascoltatori.

  2. Release con nomi artista falsi
    o contenenti parole chiave.

    Intitolare un album o un brano Ambient, Chill Out, Music Relax o peggio Musica di Sottofondo per Ristorante, potrebbe avere brutte conseguenze. Anche un The Best of… potrebbe incorrere nella censura delle piattaforme.
    Il mio consiglio è di usare fantasia e arguzia nel trovare un titolo originale che riesca descrivere il genere musicale e attrarre l’ascoltatore. Meglio ancora se fai un’indagine di mercato prima di definire il nome della tua band o il tuo nome d’arte: hai presente quante artiste con il nome Cherie sono presenti al mondo? Prova a vedere su una piattaforma di musica streaming.

    Questo tra le altre cose potrebbe generare confusione nelle piattaforme streaming con il rischio che assegnino il brano al profilo artista errato, rischiando di compromettere il lancio del tuo brano o dell’album.

  3. Artisti, orchestre e performer generici.

    Le piattaforme digitali non amano i progetti di corto respiro. Spesso gli artisti si riuniscono in un ensemble finalizzato a sviluppare un’idea o per un album di cover e scelgono il primo nome che gli passa per la testa.

    Anche nel nome è richiesto uno sforzo di fantasia: nomi generici come Experience Music o Music Project rischiano di non trovar spazio. Direi che in generale nomi artisti e titoli troppo inflazionati, rischiano di essere rifiutati.

  4. Contenuti generici
    a tema festivo-religioso.

    In realtà ogni anno siamo bombardati da nuove pubblicazioni a tema natalizio, alcune buone altre meno,  se vuoi trovare un tuo spazio tra queste, devi riuscire a trovare una soluzione editoriale che passi la selezione per l’inserimento. Un progetto editoriale di qualità e ben progettato anche nella presentazione, non verrà rifiutato.

  5. Generi musicali generici.

    Indicare un genere musicale preciso, ma sopratutto, rispettare nelle tue composizioni i canoni del genere indicato è indispensabile per non avere problemi con i distributori di musica digitale, quindi è meglio evitare come la peste di indicare generi musicali come: Nature Sounds, Musica per Fitness/Esercizi, Fake Chill, Fake New Age, Relax, Meditation e Yoga Music, Brain Power.

  6. Contenuti male confezionati.

    L’immagine non è tutto ma ha la sua importanza, cura la qualità della copertina, assicurati che la foto non sia sgranata, sfocata, decentrata. Contenuti musicali registrati male o con scarso valore editoriale oggi vengono immediatamente cestinati. In particolare le registrazioni live che vengono valutate dallo staff: se non sono ben curate rischiano grosso.

  7. Musica licenziata, ma senza esclusiva.

    A questa regola possono incappare facilmente rapper e trapper, in genere tutti coloro che usano sample e loop acquistati. L’uso di questi strumenti genera molti conflitti con il sistema fingerprint di riconoscimento delle tracce, e questo non piace a nessuno. Se ti piace far musica con il computer è bene che sample e loop te li costruisca con le tue manine.

  8. Contenuti fuorvianti.

    L’uso di qualsiasi contenuto fuorviante, basta anche un sottotitolo del tipo le canzoni di Vasco Rossi, potrebbe esser sufficiente per far bannare il tuo album di cover del Blasco, anche se sono una reinterpretazione artisticamente ricercata e valida.
    Non usare immagini di copertina se non hai l’autorizzazione per farlo, potrebbe avere serie conseguenze legali. Mettere qualsiasi contenuto raffigurante la simbologia nazista è il modo migliore per non vedere la propria musica distribuita in rete.

Questi sono gli 8 punti principali di cui devi tener conto per poter inviare tranquillamente la tua musica alle piattaforme e store digitali ma ti invito anche a leggere le iTunes Style Guide, non dico di impararle a memoria, ma comprenderne lo scopo e la filosofia è un utile orientamento per meglio vivere nel mondo della musica in streaming.

Se vuoi approfondire questo argomento, lasciami un commento, cercherò di esserti utile.

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Come lo Streaming cambia le abitudini di ascolto

In principio é iTunes, con la sua bella libreria organizzata per generi musicali che ha rivoluzionato il nostro modo di ascoltare la musica nel XXI secolo. La fruizione di musica in iTunes richiede all’ascoltatore, che acquista gli mp3, la scelta tramite ricerca basata su genere musicale e autori per poi, eventualmente evolversi in base alla curiosità soggettiva dell’utente con la creazione di playlist. Il successivo avvento dello streaming aggiunge a questo metodo tradizionale, basato su categorie di genere, i suggerimenti degli algoritmi, delle Intelligenze Artificiali, che imparano a riconoscere i gusti dell’ascoltatore e li intercettano proponendogli playlist personalizzate.

Una ragazza ascolta la musica dal cellulare
courtesy pixabay.com

Preso atto di questo, spontanea mi è venuta la domanda di quanto gli algoritmi possano influenzare l’ascoltatore nelle sue scelte musicali; Domanda che trova una parziale risposta nella conoscenza di come funzionano le diverse piattaforme di streaming.

iTunes è organizzato come una biblioteca musicale tradizionale dove a canzoni, artisti, album, generi sono affiancate le playlist create dall’ascoltatore. Questo sistema si è mantenuto anche nel passaggio verso il servizio streaming di Apple Music, una scelta aziendale fatta dalla constatazione di come gli utenti continuino ad apprezzare questo modello. Spotify e YouTube Music invece, si distinguono per la scelta di affidare la ricerca alle Intelligenze Artificiali capaci di intercettare i gusti dell’utente tramite algoritmi di auto apprendimento.

Per spiegare meglio la differenza di fruizione, basti pensare che, mentre su Apple Music la musica si cerca e organizza nella libreria, su Spotify e YouTube Music, gli algoritmi cercano di prevedere le scelte offrendo delle playlist già redatte e basate sulle abitudini di ascolto. Non sono sistemi perfetti, in particolare quello di YouTube Music, ma stanno migliorando piuttosto velocemente e i risultati possono essere sorprendenti in termini di esperienza di ascolto.

Nonostante questo, il sistema algoritmo di Spotify e You Tube Music, nelle ricerche e nelle proposte, cercherà sempre la massima soddisfazione dell’ascoltatore basandosi su valori tipo la popolarità dell’artista, del brano e gli ascolti dell’ascoltatore. Questo sacrificando la scelta di proposte più coraggiose e rischiando di richiudere l’ascoltatore in una bolla che gli renderà più difficile scoprire musica al di fuori dei schemi algoritmi.
Altro limite del sistema algoritmo (in Spotify si nota in maniera particolare) è la difficoltà di cercare la musica per genere. Se noti, nella scheda Ai Fan Piace Anche, non sempre Spotify mette in relazione artisti realmente vicini tra loro. Questo dipende da molti fattori tra cui, non secondario, il corretto caricamento dei brani da parte delle label. In realtà quello che manca è una esatta contestualizzazione dei brani e dei loro interpreti come invece accade nella catalogazione per genere di Apple Music o Deezer.

I sistemi algoritmici come Spotify prediligono un esperienza di ascolto emozionale, basata sull’umore (mood) del momento e sui gusti conosciuti dell’utente. Altre piattaforme come Apple Music o Deezer, danno spazio all’approccio filologico che organizza le musiche e gli autori raggruppati per genere musicale. Questa differenza inevitabilmente finisce per condizionare la fruizione quotidiana della musica.

Sarebbe ingiusto dire che un metodo è migliore dell’altro. Sono le abitudini dell’ascoltatore ad avere l’ultima parola su quale sia il metodo più soddisfacente. Per esempio, chi desidera una playlist perfetta al momento giusto, troverà soddisfazione usando Spotify; chi invece ama organizzare la propria musica e gestirla con logica, Apple Music e Deezer sono le più adatte; mentre per gli audiofili c’è Tidal che risponde alle esigenze di una qualità audio superiore.

Gli ascoltatori oggi hanno l’opportunità di poter scegliere quale servizio di streaming si adatta di più alle loro esigenze di ascolto, i vantaggi per i musicisti sono negli strumenti di analisi offerti dalle piattaforme che permettono di scoprire come viene fruita musica e sopratutto per poter individuare il pubblico più adatto alle loro composizioni.

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