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5 Tips per Amazon Music

Amazon Music offre un catalogo musicale che nulla ha da invidiare agli altri players della musica in streaming, a questo si aggiungono le potenzialità di Alexa, l’assistente vocale della maison di Bezos che svolge per Amazon Music una funzione strategica (approfondisci).

Cinque tips per amazon music

A differenza di altre app di streaming, come Spotify per esempio, Amazon Music non ha molte funzionalità di coinvolgimento social ma consente ovviamente di organizzare la propria musica in playlist e di poterle condividere tramite link nella rete. Puoi condividere i tuoi brani, i tuoi album, le tue playlist e la tua pagina artista.

In realtà Amazon Music sta evolvendo e sta elaborando nuovi strumenti per aiutare gli artisti e le etichette a promuovere il loro lavoro, tra questi la possibilità di collegare la pagina artista con il profilo Twitch. Nel frattempo, possiamo usare cinque buone pratiche per valorizzare la nostra musica presente sulla app.

  1. Segui Amazon Music: anche Amazon Music ci tiene ad aumentare la sua base fan. Per questo assicurati di seguire i suoi profili social su Facebook, Twitter, Instagram ed altri. Questo potrebbe tornarti utile come vedremo più avanti.

  2. Messaggistica: Comunicare ai propri fan l’uscita del nuovo singolo tramite Whatsapp, Messenger o email con un messaggio personalizzato e un invito all’ascolto resta uno dei migliori modi per ottenere un coinvolgimento e una risposta positiva;

  3. Tag: usa sempre il tag @AmazonMusic o @AmazonMusicItalia (o comunque gli handle locali) ogni volta che posti in un social. Potresti attirare la loro attenzione e venir ricambiato con un repost sui loro profili;

  4. Link diretto: periodicamente condividi il link diretto ad un tuo album o brano. Non dimenticare però che è il link diretto alla tua pagina artista che può far aumentare i tuoi follower ed aiutarti a farti ben volere dagli algoritmi. L’ascolto passa, il follower (se te lo meriti!) è per sempre;

  5. Gli Hashtag: come già detto è preferibile usare nei post il tag @AmazonMusic piuttosto che #AmazonMusic. Ciò non toglie che puoi accompagnare il tuo post con hashtag più mirati che possono dare delle soddisfazioni, alcuni di questi sono: #AmazonMusicHD, #AmazonMusicUnlimited, #AmazonPlaylist o #AmazonArtist. Un mio suggerimento è che il rendimento di questi hashtag va monitorato, alcuni potrebbero funzionare bene su alcuni social e non dare risultati su altri.

Queste cinque pratiche usate metodicamente ti consentiranno di agganciare il tuo pubblico che preferisce Amazon ad altre app. Se è vero che, a differenza di altri social media, Amazon Music non soddisferà il tuo ego con statistiche sulla popolarità, è anche vero che è la piattaforma di streaming che più paga per ogni singolo ascolto.

Il mio consiglio è che dovresti investirci un po’ di tempo condividendo i link del tuo profilo, delle tue canzoni e delle tue playlist. Potresti avere delle belle sorprese nei tuoi rendiconti periodici.

Per chiudere, ti lascio l’elenco dei canali social di Amazon Music preso, paro paro, dalle loro pagine For Artist.

Canali social di Amazon Music
Facebook: AmazonMusic (Global) e AmazonMusicDeSchlager (Germany)

Twitter: @AmazonMusic@AmazonMusicUK@AmazonMusicJP@AmazonMusicMX@AmazonMusicIN

Instagram@AmazonMusic@AmazonMusicUK@AmazonMusicDE@AmazonMusicJP@AmazonMusicMX@AmazonMusicES@AmazonMusicIT@AmazonMusicFR@AmazonMusicBR@AmazonMusicLatin@AmazonMusicANZ@AmazonPrimeMusicIN

Handle di genere: @rotation (Hip-Hop and R&B) e @auf_level (German Deutchrap)

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Business e Marketing della Musica: Tutto quello che musicisti, autori, manager, produttori ed editori devono sapere per vivere di musica

di Massimiliano Titi
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Conoscere le regole del gioco è fondamentale per vivere di musica.
Con un tono semplice e colloquiale, questo libro prende per mano il creativo in campo musicale e lo accompagna in un viaggio tra le tante questioni che deve affrontare oggi: dalla conoscenza dei diritti d’autore e connessi, all’esame delle figure professionali e dei contratti più comuni, dai fondamenti di marketing e a come promuoversi, alla distribuzione digitale e alla concreta realizzazione dei propri profili, fino all’illustrazione dei nuovi mestieri della musica che possono contribuire a dare sussistenza al creativo, realizzando così di fatto il sogno di “vivere di musica”. Non manca uno sguardo sul futuro: NFT e blockchain, intelligenza artificiale e realtà aumentata e nuovi scenari.
I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
Insomma, un bel viaggio, adatto chiunque sia appassionato di musica e voglia trasformarla in un mestiere, oppure a quei professionisti del settore che desiderino consolidare o mettere a fuoco le regole del business e del marketing musicale.
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business personal branding social media

Chi non c’è non ci sarà.

La chiusura delle sale e dei teatri, dei ristoranti dei locali sta costando molto, forse anche troppo all’universo dell’industria musicale. In questo contesto gli artisti musicisti sono tra i professionisti, delle varie categorie nel settore, che hanno maggiori probabilità di mitigare gli effetti della crisi e di prepararsi al ritorno alla normalità. Quello che appare come un periodo di sosta forzata è in realtà percorso da un movimento sotterraneo di cui vedremo i risultati appena si allargheranno le imposizioni dei divieti.

I social come surrogato dei live
courtesy pixabay.com

Quello di cui si sente più urgenza in questo momento è il ripristino di un contatto diretto con il pubblico, quel l’interazione che in tempi normali si ottiene con i concerti dal vivo e che ora non è possibile.

Il problema che si sta creando per molti artisti musicali è che questa mancanza di contatto, di presenza, nuoce alla loro visibilità e notorietà, che nella musica sono due caratteristiche che vanno coltivate e curate. Per sua natura il pubblico è volubile ed affamato, farsi desiderare non sempre è la scelta giusta.

Ma per fortuna siamo nell’era dei social e della condivisione video e l’artista musicale può sopperire alla mancanza dei concerti dal vivo con le esibizioni on line. Non parlo solo delle esibizioni domestiche, molto apprezzate dai fan più stretti, mi riferisco anche a partecipazioni in trasmissioni televisive o radiofoniche, qualsiasi esse siano (nei limiti della decenza, ovviamente). In questi mesi molti big della musica ne hanno approfittato per promuoversi anche fuori contesto, perché non potrebbe farlo anche un artista emergente?

La presenza in video sui social, nelle televisioni, in radio, piccole o grandi che siano, sono i mezzi con cui surrogare la mancanza del contatto diretto. Se questi sono accompagnati con un contatto tramite social, rispondendo ai commenti dei fan, per esempio, il rapporto può essere costruito quasi a livello personale.

Non puoi sparire dalla scena per mesi pensando che il mondo aspetti che tutto ritorni normale.

Sotto la superficie la vita continua e si evolve, senza contare il fatto che, solitamente, dopo crisi di grandi proporzioni come questa, la ripartenza è brusca e veloce e normalmente ricca di sorprese e novità. Non mi stupirebbe infatti scoprire nei prossimi mesi la nascita di nuovi stili o generi musicali. Ne sono così certo che potrei pure scommetterci sopra.

Prepararsi per la ripartenza, significa anche valorizzare e coltivare la propria immagine artistica e la propria popolarità in questi tempi difficili. E’ la semina che raccoglierai quando arriverà la prossima, imminente, stagione del raccolto.

Per questo devi esserci, ora.

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Le 42 leggi universali del digital carisma: La fusione tra vita digitale e reale è il futuro della comunicazione

di Rudy Bandiera
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Si è sempre erroneamente sostenuto che la vita reale e la vita digitale siano distinte, generando errori semantici più volte perpetrati dai media quali “il popolo della Rete”, come se offline il popolo fosse un altro! La verità è diversa: la vita reale e la vita digitale sono due facce della stessa medaglia, anzi sono la stessa faccia della stessa medaglia, ormai talmente fuse in un unico plasma che si potrebbero immaginare come due liquidi di diverso colore lasciati liberi di miscelarsi in un nuovo cromatismo, non più separati ma uniti, amalgamati. Si è sempre parlato di personal branding abbinato alla personalità online e di carisma associato a una tipologia di personalità offline ma, se on e off sono saldati, allora lo saranno anche personal branding e carisma. Il carisma è qualcosa che può essere coltivato anche in ambito digital ovvero anche in non-presenza, dove non occorre la fisicità. Sì, per la prima volta nella storia siamo di fronte a un nuovo modo di approcciarci alla realtà: attraverso la vita reale (VR) e la vita digitale (VD).
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business Spotify Spotify playlist

Spotify: la rivoluzione è fallita?

La via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni.
(proverbio)

Spotify si è presentata sul mercato nel 2008, distinguendosi da altre altre piattaforme online, come Napster per esempio, che non riconoscevano alcun diritto a etichette e artisti. Erano gli anni in cui c’era un serio problema di pirateria musicale e Spotify è stata la prima a riconoscere un contributo concreto ai produttori di musica: etichette e artisti.

Spotify: la rivoluzione è fallita?
courtesy pexels.com

Proseguendo in quest’ottica, più recentemente Spotify ha sposato il nobile obiettivo di fornire a un milione di artisti l’opportunità di vivere della propria arte. Un nobile obiettivo che però, ad oggi resta solo una buona intenzione.

Oramai è statisticamente verificato che il numero di artisti che guadagnano sufficientemente per vivere dalle entrate dello streaming rimane di gran lunga inferiore al milione (in tutto il mondo!). Spotify attualmente paga una media di $ 0,00437 USD per streaming, il che significa che servirebbero 360.000 stream al mese perché un artista guadagni una sorta di salario minimo. La cruda realtà è che si tratta anche di un numero di ascolti irraggiungibile per la maggior parte degli artisti presenti sulla piattaforma svedese.

Questo è dovuto al fatto che Spotify non paga direttamente gli artisti per ogni singolo streaming, ma usa una base proporzionale (Vedi Qui) che riconosce agli artisti musicali una percentuale di royalties proporzionata alla loro quota di tutti i flussi sulla piattaforma in un determinato periodo. Questo modello di retribuzione porta a grandi pagamenti per gli artisti che dominano lo streaming, ma si traduce in compensi quasi trascurabili per artisti più piccoli.

Sono noti casi di artisti meno famosi che si sono visti riconoscere poche decine di euro di fronte a milioni di stream dei loro brani. D’altra parte, il modello proposto dal CEO di Spotify Daniel Ek, che invita l’artista interagire continuamente con i fan e pubblicare più musica per aumentare le royalties (un singolo al mese!), va a sbattere contro la realtà delle spese che l’artista deve sostenere per produrre la sua musica, sia che si appoggi ad una etichetta, sia che si auto produca. I ricavi distribuiti dalla piattaforma restano insufficienti per compensare questo sforzo continuo.

Si deve poi tener conto che comunque gli artisti non ricevono direttamente il denaro dalla piattaforma, ma dalla loro etichetta o dal distributore che hanno scelto. Le cifre che perciò arrivano al musicista possono variare a seconda degli accordi con l’etichetta o del costo del servizio di distribuzione. Per farti un’idea, ti basti sapere nel 2017, solo il 12% delle entrate dell’industria discografica sono finite nelle tasche degli artisti musicali.

Esistono comunque modelli di pagamento diversi e più remunerativi per l’artista musicale, come quello della piattaforma francese Deezer. Un modello in cui se un utente ascolta esclusivamente un singolo artista sul proprio account, quell’artista riceverà tutte le royalty generate dagli stream di questo utente.

Esiste uno studio che sembra dimostrare che il modello di Deezer sia più equilibrato rispetto al metodo utilizzato da Spotify, la quale, in sua difesa dichiara che impone costi costi amministrativi aggiuntivi per calcolare il valore dei flussi di ogni utente e questo potrebbe effettivamente tradursi in meno guadagni per gli artisti.

Insomma il buon proposito di Spotify per far vivere il musicista della sua musica è rimasto tale, una buona intenzione.

Prima dell’avvento delle piattaforme di streaming, il problema più importante per etichette ed artisti, era la pirateria, soprattutto attraverso canali peer to peer, che distribuiva gratuitamente file .mp3 senza riconoscere alcuna royalty.

Se da un lato lo streaming musicale e una pesante repressione internazionale hanno ridimensionato il fenomeno della pirateria, dall’altro ha causato un crollo verticale nelle vendite di cd e mp3 che sono molto più redditizi per chi crea musica.

Inoltre, i servizi di streaming non si limitano a rendere la musica più accessibile, ma i loro ecosistemi finiscono per influenzare l’ascolto. Sebbene i servizi di streaming siano stati concepiti e presentati come una grande opportunità per artisti più piccoli e indipendenti, che possono promuovere la loro musica senza il supporto di grandi etichette discografiche, è piuttosto chiaro che il modello di pagamento di Spotify non consente alla stragrande maggioranza degli artisti di ottenere un reddito vivibile dalla loro musica.

L’abbondanza di playlist, algoritmiche o redazionali, può creare negli ascoltatori l’illusione di una libertà di scelta, ma resta il fatto che la maggior parte degli slot nelle playlist principali di Spotify sono inaccessibili a tutti tranne che alle grandi etichette.

Per quasi tutti gli operatori del settore, discografici e musicisti, è chiaro che se Spotify vuole raggiungere il suo obiettivo di consentire a un milione di artisti di vivere della propria musica, dovrebbe riconfigurarsi per retribuirli meglio e con meccanismi più equi, in modo di gratificare almeno quegli emergenti che accolgono un .

Sebbene Spotify si presenti come una grande opportunità per le auto produzioni, è convinzione diffusa che il suo ecosistema sia troppo sbilanciato verso gli interessi delle major discografiche. Se le cose restano così, la rivoluzione delle piattaforme streaming può considerarsi fallita, lasciandole solo come un altro elemento dell’industria musicale che sottovaluta artisti e musicisti.

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Le 42 leggi universali del digital carisma: La fusione tra vita digitale e reale è il futuro della comunicazione

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business marketing musicale metadata musicali

Cosa sono le royalties meccaniche?

Il termine royalties meccaniche nasce all’inizio del XX secolo con la nascita dei primi supporti fonografici, oggi le royalties meccaniche vengono riconosciute all’artista musicale ogni volta che la sua musica viene riprodotta e venduta tramite copie fisiche o in streaming.

Cosa sono le royalties meccaniche
courtesy by pexel.com

Quindi, quando un rivenditore vende una copia fisica, vinile, CD o file .mp3, l’artista musicale guadagna denaro. Inoltre, un artista guadagna royalties meccaniche quando la sua musica viene visualizzata o ascoltata tramite streaming digitale (ad esempio Apple Music, Spotify).

Ci sono in realtà altri modi altri modi, spesso trascurati, per guadagnare royalties meccaniche e sono: suonerie telefoniche, cover, colonne sonore, base per karaoke, biglietti d’auguri interattivi.

E’ importante sapere che, per il calcolo delle royalties, una canzone viene divisa in due: composizione e registrazione master. La composizione, associata all’editoria, è la proprietà del testo e la melodia sottostante di un brano musicale, mentre il master è la proprietà della registrazione particolare (e solitamente fisica finale) di quella canzone.

Normalmente i cantautori che hanno lavorato alla canzone hanno la proprietà dei diritti di composizione mentre i diritti di registrazione master sono parzialmente o totalmente di proprietà della loro etichetta o distributore. Le royalties di performance, invece, sono specificatamente attribuite solo alla composizione.

Il valore delle royalties meccaniche è determinato in modi diversi a seconda di vari fattori e viene recuperato dalle società di collecting dei vari paesi o, in alcuni casi, direttamente dall’autore tramite contrattazione diretta.

La vendita di CD, vinili, DVD o altri supporti genera automaticamente delle royalties meccaniche, che sono pagate da chi produce il prodotto in base a quote stabilite dalle società di collecting dei vari paesi. Così ogni volta che un brano viene riprodotto, genera royalties: se viene eseguita dal vivo in un pub, mandata in onda alla radio, o usata come musica di sottofondo in un supermercato genera royalties. Coloro che pagano sono le stazioni radio, reti televisive, bar, ristoranti, compagnie aeree, uffici, negozi, cinema ecc.

A seconda dei paesi, il valore delle royalties viene stabilito dalle società di collecting, che provvedono anche alla riscossione e alla ripartizione. Gli store digitali come iTunes, Amazon, Google e altri, generano royalties come se si trattasse di vendita di un supporto fisico (CD), mentre lo streaming (Spotify, Deezer, Tidal) è calcolato in modo diverso, e decisamente basso, ed è sempre gestito da accordi tra provider/collecting/governo che sono a tutt’oggi in discussione.

L’artista musicale, in particolare se si autoproduce, dovrebbe essere consapevole del fatto che guadagnare i diritti d’autore è solo una fase del processo, farsi pagare è più complicato. Se non si sa dove viene utilizzata e riprodotta la musica, potrebbe essere difficile sapere se si sta raccogliendo tutto ciò che si è guadagnato. Per questo avere un editore o un distributore digitale che raccolga le royalties per conto dell’artista diventa essenziale.

Ma i problemi non finiscono qui, Inoltre, la raccolta di royalties internazionali può essere impegnativa. È realisticamente impossibile, o comunque troppo impegnativo, per un autore registrare la propria musica con tutte le società di gestione collettiva di diritti d’autore del mondo. Avere un editore è il mezzo più efficiente per raccogliere questi fondi se la musica viene riprodotta a livello internazionale, soprattutto perché in alcuni paesi potrebbe non essere possibile per un singolo autore raccogliere direttamente le royalties dalle società. In alternativa, l’artista musicale può appoggiarsi a società specializzate nella raccolta di royalties meccaniche a livello globale per fare incetta di tutto ciò che gli è dovuto.

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Le 42 leggi universali del digital carisma: La fusione tra vita digitale e reale è il futuro della comunicazione

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business musica streaming social music marketing Spotify

Il pubblico di Spotify visto da Spotify

Puntuale, lo scorso 23 settembre Spotify ha rilasciato il periodico Culture Next, il rapporto che analizza i gusti e le tendenze degli ascoltatori cercando di comprenderne i gusti e le abitudini.

Il pubblico di Spotify visto da Spotify
courtesy Pixabay.com

Il campione della ricerca è stato fatto sul pubblico americano, coinvolgendo 5.000 persone, ed ha confermato l’accelerazione delle tendenze culturali che hanno preso forma negli anni scorsi tra la Z Generation (15-25 anni) e i Millenial (26-40 anni): le due fasce più interessanti per Spotify perché più attive sui dispositivi elettronici rispetto le fasce più mature.

Sulle abitudini d’ascolto, la ricerca ha evidenziato che il 75% dei Z Gen. e Millenial utilizza l’ascolto di musica per fronteggiare lo stress e l’ansia. Questo li spinge verso musiche che, secondo loro, hanno marcate qualità emotive, terapeutiche e personali, intime.

La ricerca conferma la crescita nell’ascolto di Podcast, sia d’informazione sia per intrattenimento. Negli ultimi mesi all’attenzione del giovane pubblico americano sono saliti i podcast dedicati alla politica ed ai diritti civili.

Questa indagine periodica, che Spotify usa come strumento per attrarre sponsor pubblicitari facendo un ritratto del suo utente medio, ci restituisce anche alcuni informazioni sui gusti politici delle giovani generazioni americane, dimostrando, tra le altre cose, che sono più interessate ai programmi politici che agli schieramenti. Il 66% ritiene che gli attuali sistemi politici siano corrotti ed obsoleti e solo il 30% della Z Gen. approva la politica del presidente Trump a differenza delle generazioni più anziane che arrivano fino al 54% a favore dell’attuale presidente.

Ma ciò che la politica divide, la musica unisce. A quanto risulta, Il 64% del campione, nel sondaggio afferma che ascoltare la musica dei loro genitori dia loro “una maggiore comprensione di chi sono i loro genitori”, e il 78% dei genitori intervistati ha ammesso di usare la musica come un modo per legarsi con i loro figli.

Le generazioni più giovani sono anche incuriosite dall’imprenditorialità e dalla cultura self-made-man e molto aperte cittadinanza globale. Su scala mondiale, il 65% delle Z Gen. ha dichiarato di voler essere, o di essere già, il proprio capo, addirittura un Z Gen. su tre di età pari o inferiore a 17 anni ha affermato che preferirebbe avviare un’impresa invece di andare all’università. Le due giovani generazioni sono tendenzialmente proiettate in avanti e credono che la pandemia stia offrendo nuove opportunità di sviluppo.

Nel disegno che ci fa Spotify, i giovani americani, non mi sembrano molto diversi dai giovani italiani (o europei). In entrambi i casi troviamo generazioni interessate alla politica del fare e non a quella degli schieramenti ideologici, generazioni aperte verso il mondo e verso nuove culture, generazioni intraprendenti che intendono lasciare un mondo migliore di quello che hanno trovato.

Ma quello che forse più interessa a noi, è che la Z Gen. ed i Millenial sono molto legate alla musica, la usano per vivere meglio, per provare emozioni e conoscere cose nuove. Sono generazioni curiose che non danno nulla per scontato, che guardano al domani con un occhio verso il ieri. E’ chiaro che in questo momento dove vedono l’incertezza e la paura, loro vedono nuove possibilità. D’altra parte, a mio modesto avviso, non possono far altro; sono giovani, hanno un mondo nuovo da costruire.

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business personal branding social media

Musica: la popolarità crea opportunità.

E’ un dato di fatto che l’avvento della musica in streaming non si limita a ridefinire l’esperienza d’ascolto della musica, ma la rende facilmente accessibile in ogni momento della giornata e in qualsiasi luogo dove ci sia una connessione alla rete riempiendo le giornate dell’ascoltatore. Questo nuovo ecosistema musicale modifica anche il rapporto tra artista e fan e, di conseguenza, sconvolge il mercato musicale che non è più centrato sulla semplice pubblicazione di un brano, ma anche sull’esperienza che ruota attorno ad esso.

Nella musica, la popolarità crea popolarità
courtesy by pixabay.com

Ti piaccia o meno, l’artista musicale in questo contesto diventa un personaggio sociale con la possibilità di dialogare con un pubblico vastissimo e di diverse culture che richiede un contatto diretto con il suo beniamino tramite i social network. Se da un lato questo è un vantaggio, perché puoi avere un feedback immediato dal pubblico, dall’altro, come artista musicale ti trovi investito di nuovi impegni e nuove responsabilità che esulano dal ruolo tradizionale e richiedono una forma mentis diversa.

Avere la musica accessibile in ogni angolo del globo, offre un vasto pubblico potenziale la cui attenzione deve essere intercettata. Un pubblico sul quale devi agire mettendo in luce le tue caratteristiche artistiche peculiari valorizzando le tue unicità.

In questo sistema, anche il ruolo del fan si evolve e si avvantaggia della presenza dei social network. L’effetto delle community (fandom) è amplificato e favorito dai social, luoghi in cui le persone condividono le stesse passioni e gli stessi interessi. Sono luoghi di dialogo e di scambio di idee: un’evoluzione dei circoli letterari dell’ottocento. Coltivare una tua community, oppure partecipare ad una di queste, è un ottimo sistema per farsi notare dalla massa degli artisti emergenti, facendoti conoscere personalmente e facendo conoscere direttamente la tua musica e le tue passioni.

Questo perché l’identificazione musicale sul web sembra essere un passo fondamentale nella creazione dell’ io digitale. Un passaggio che trasforma la musica da portatrice di emozioni in musica portatrice di valori. Il dialogo diretto con i fan sui social soddisfa il loro bisogno di comunicare con l’artista amato e la voglia di vivere un’esperienza unica e indelebile; cose che il fan di ogni epoca ricerca in ogni modo possibile. Questa attività, che potremmo definire giornaliera, va a completare le attività di contatto diretto nella vita reale, che restano indispensabili, come i meet&greet, i firmacopie, i concerti o le dirette online.

L’obiettivo ottimale è quello di riuscire a creare un buon rapporto di presenza reale e presenza online.

Lo stato delle cose inevitabilmente ti costringe a dedicare molto del tuo tempo a promuovere e organizzare campagne mediatiche del tuo prodotto musicale e della tua figura di artista musicale. Ma è un passaggio obbligato su cui devi fare i conti: i risultati sui social nascono e si raccolgono solo con un paziente e costante lavoro e magari anche con una presenza sulle varie piattaforme digitali.

Nell’ecosistema dell’industria musicale odierna il rapporto tra vendite e popolarità sui social è strettissimo. Avendo una platea potenziale mondiale, qualsiasi canzone tu scriva troverà sempre un gruppo di persone che la apprezzeranno. L’ostacolo che prima di tutto dovrai superare è di trasformare questa platea potenziale in una platea attiva di ascoltatori. Puoi farlo solo con un impegno costante supportato da piccoli investimenti promozionali.

Avere una platea di fan, di ascoltatori, consolidata è un passaggio fondamentale per poter avere un interesse da parte delle case discografiche che hanno dimezzato i rischi di produzione in quanto preferiscono investire sull’artista che ha già dei riscontri adeguati nelle classifiche delle piattaforme digitali.

Nel momento attuale la figura professionale dell’artista musicale richiede la capacità di saper dividere il proprio tempo tra l’attività artistica/professionale e quella di auto promozione.

E questo, nota bene, non vale solo per il musicista che pubblica musica, ma anche per il professionista musicale che vive del suo strumento. La sua popolarità online potrà rendergli più facile avere collaborazioni con le star della musica e aprirgli le porte per interessanti e stimolanti collaborazioni artistiche.

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business personal branding social music marketing

La crisi della musica richiede un cambiamento

Non è colpa solo del lunedì
Sono nutellate di deliri
E code e colpi di tosse
E tu non piangi e non ridi
Vivi come se niente fosse
(La Crisi – Bugo)

Nel primo decennio degli anni 2000 mi occupavo dello sviluppo di siti internet per aziende. La mia area di attività era la provincia di Verona e dedicavo almeno un giorno alla settimana a presentare la mia attività presso le aziende. Prima di andare facevo una piccola selezione e il mio target erano le imprese, di qualsiasi settore, con almeno quattro dipendenti. Questo perché volevo un’azienda che avesse interesse, oltre che di un sito, ad utilizzare alcuni servizi che ero in grado di offrire.

La crisi della musica richiede un cambiamento
courtesy by pixabay.com

Ricordo che ho calcolato una media dei risultati di quel periodo: ogni dieci aziende ottenevo circa quattro responsi positivi di cui però solo due si concretizzavano in un contratto. Non era male, con molte di loro sono seguiti anni di proficua collaborazione e reciproca soddisfazione.

La cosa che meglio ricordo di quel periodo, sono le risposte ricevute da quelle 6 aziende su 10 che mi davano picche, risposte che possiamo riassumere in queste due categorie:
a) Non serve un sito internet per il mio lavoro.
b) Non credo in internet.

Ogni mia parola spesa nell’illustrare le possibilità offerte da un sito internet ben progettato non è mai riuscita a sfondare questo muro di gomma. Ricordo anche che un giorno, quando andai ad un appuntamento con il mio programmatore di fiducia, quasi certo di portar a casa il lavoro, dopo aver illustrato il progetto e le funzionalità del sito ed aver ricevuto un “devo pensarci sopra”, il mio partner se ne uscì con – Ma questo non ha bisogno di un sito web. Non lo capisce. Non sa che farsene, speriamo non faccia niente.-

Aveva ragione lui, noi stavamo cercando realtà produttive che volessero investire seriamente su internet, che volessero anche seguirci nel percorso che indicavamo. Ma soprattutto che tra noi e loro nascesse una collaborazione che ci facesse crescere e maturare professionalmente entrambi.

Le cose cambiarono improvvisamente verso il 2010, ovvero quando la crisi dei subprime era all’acme e faceva sentire i suoi effetti nefasti sul territorio. Molte aziende che avevano rifiutato i miei servizi ritornarono in scena chiedendo quello che non avevano voluto e in cui ora vedevano come una speranza: purtroppo non potevo fare molto per loro.

La loro disponibilità, in termini di budget, si era ristretta e si aspettavano che in poche settimane fossi in grado di assicurar loro quella presenza in rete che qualche anno prima non ritenevano utile. Dovetti rifiutare l’incarico nella maggior parte dei casi, come mi aveva fatto notare il mio collega “Questo internet non lo capisce”.

Credo che il settore musicale in questi anni viva condizioni simili a quello imprenditoriale/artigianale degli anni 10 del 2000. Il crollo verticale delle vendite di Cd e .mp3, l’avvento della musica in streaming hanno ridimensionato il guadagno di artisti e case discografiche. A questo aggiungiamo il blocco dei concerti e delle lezioni di musica causato dal Covid19, ecco che otteniamo un panorama del settore molto diverso da quello di soli 5 anni fa.

Sono tempi nuovi, che richiedono nuove soluzioni e nuove prospettive. Da quello che vedo, nessuno ha ancora trovato una risposta definitiva a questo. Le discussioni in corso sulla crisi del settore non trovano un’identità di vedute tra le parti e c’è comunque un clima di incertezza generalizzato. Nemmeno io ho una risposta vincente, e nemmeno credo esista una sola risposta.

Posso però invitarti a non chiuderti in te stesso e mettere in discussione le convinzioni maturate nella tua esperienza professionale. Il mondo della musica sta cambiando e ancora nessuno sa quanto inciderà questa mutazione o quanto tempo passerà prima di trovare un assestamento.

Direi che questo è il momento buono per uscire dalla zona confort ed affrontare il mutamento con nuova voglia di apprendere, migliorare, uscendo fuori dagli abituali confini, anche sopportando il disagio che ne consegue. E’ un investimento sul presente e sul tuo futuro professionale di musicista. Se in esso trovi un tua giusta dimensione, potrai solo trarne che benefici.

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Conoscere le regole del gioco è fondamentale per vivere di musica.
Con un tono semplice e colloquiale, questo libro prende per mano il creativo in campo musicale e lo accompagna in un viaggio tra le tante questioni che deve affrontare oggi: dalla conoscenza dei diritti d’autore e connessi, all’esame delle figure professionali e dei contratti più comuni, dai fondamenti di marketing e a come promuoversi, alla distribuzione digitale e alla concreta realizzazione dei propri profili, fino all’illustrazione dei nuovi mestieri della musica che possono contribuire a dare sussistenza al creativo, realizzando così di fatto il sogno di “vivere di musica”. Non manca uno sguardo sul futuro: NFT e blockchain, intelligenza artificiale e realtà aumentata e nuovi scenari.
I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
Insomma, un bel viaggio, adatto chiunque sia appassionato di musica e voglia trasformarla in un mestiere, oppure a quei professionisti del settore che desiderino consolidare o mettere a fuoco le regole del business e del marketing musicale.
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business personal branding social media social music marketing

Cos’è un musicista senza un pubblico?

In questo giovane blog dedicato ai musicisti, spesso uso i termini fan base o base fan riferendomi alle persone che seguono gli artisti musicali nei social e nella vita reale. A pensarci bene, il termine fan suona troppo ottimista e può sfalsare le aspettative. il termine fan è una contrazione di fanatico e non è detto che chi segue un artista musicale sia necessariamente fanatico dell’ artista; forse il più generico pubblico descrive meglio tutta la platea che segue un determinato artista, tra cui è auspicabile ci siano anche dei veri e propri fan.

Crearsi un pubblico on line
courtesy by pixabay.com

Ho scritto questa introduzione perché oggi mi concentrerò proprio sul pubblico, la materia prima essenziale per ogni artista musicale che voglia vivere con la sua musica. Qualsiasi cosa tu faccia, che sia una nuova pubblicazione o un concerto, o la promozione di una di queste due cose, senza un pubblico consolidato il rischio di raccogliere scarsi risultati è elevato.

In particolare sui social network, acquisire un nutrito pubblico sui propri profili è l’elemento indispensabile per vedere crescere gli stream o le vendite dei propri cd o mp3. E’ un passaggio obbligato che non si può aggirare con un paio di sponsorizzazioni di post o banner pubblicitari.

Anche se hai un album bellissimo o suoni con musicisti d’eccellenza, la possibilità di catturare l’attenzione di qualcuno on line resta molto bassa. Senza un nutrito pubblico qualsiasi metodo di marketing non riuscirà mai a raggiungere i risultati promessi.

Voglio farti notare che questo vale anche se svolgi attività didattica; magari hai costruito un tuo metodo di apprendimento dello strumento, che piace agli studenti e li appassiona. Nel momento in cui lo proponi in rete, come video corso o come libro, solo se avrai lavorato sulla tua figura professionale potrai raccogliere i frutti del tuo lavoro. Solo se ti sarai fatto apprezzare come un artista musicale stimabile, coerente e di cui fidarsi a una nutrita platea di persone potrai vedere risultati significativi dal tuo lavoro.

Questo lavoro di fidelizzazione e crescita del pubblico, nel marketing si chiama Personal Branding, ed è la via più sicura per ottenere risultati reali consolidati. Ovviamente non è la più facile, ma è dimostrato che è l’unico modo per ottenere risultati reali oltre i like.

Acquistare traffico, parole chiave, impression o pubblicità sono metodi facili e rapidi che, è dimostrato, non funzionano. Queste sponsorizzazioni spesso portano per lo più pubblico occasionale che, finita la promozione, si dissolve nel nulla.

Lavorare sulla tua figura di artista musicale significa impostare una strategia per individuare o definire i tuoi punti di forza e comunicare in maniera efficace cosa sai fare, come lo sai fare e perché gli altri dovrebbero sceglierti (L. Centenaro e T. Sorchiotti).

Acquistare traffico tramite sponsorizzazioni, per esempio i Mi Piace sulla pagina Facebook, può comunque essere utile per alimentare la fiducia in te e in quello che proponi. Ma devi tener presente che solo una tua coerente attività online e offline, sarà quella che ti darà il pubblico necessario per farti vivere della tua arte.

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I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
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personal branding social media Spotify Spotify playlist

I follower non si acquistano, si conquistano!

Scorrendo le timeline dei social ti saranno sicuramente comparse pubblicità di servizi che offrono follower reali per i tuoi profili social o per le tue playlist e anche offerte di ascolti reali per i tuoi brani su Spotify o altre piattaforme.

Ti spoilero il finale: evitali come la peste.

I follower non si acquistano, si conquistano
courtesy by pixabay.com

Di questi servizi ne ho provati un paio perché molto allettanti, con siti ben costruiti, semplici, rapidi, chiari nella descrizione del servizio offerto e con prezzi abbordabili; per la precisione ho acquistato due pacchetti di follower per le mie playlist: devo dire che in entrambi i casi sono stati generosi e rapidi.

Di fronte a un acquisto di 500 follower di playlist mi sono ritrovato oltre 600 follower, cioè circa 100 follower regalati. E’ stato tutto molto gratificante per l’ego, meno per il portafoglio. Dato che avevo la possibilità di monitorare gli ascolti di alcuni brani in playlist, ho facilmente appurato che quei 600 follower stavano generando 0 (zero) ascolti, il che significa 0 (zero) royalties.

Ma non è finita qui.

Qualche mese fa, mentre aggiornavo queste due playlist sponsorizzate, mi sono accorto che i follower si erano improvvisamente ridimensionati, tornando a un numero a due cifre. Dato che fino a 1+1 sono capace di fare i conti, questa piccola esperienza mi ha insegnato due cose: la prima è che questi servizi ti vendono account reali, ma dubito che si tratti di follower in carne ed ossa; la seconda è che, probabilmente si tratta di account legati a bot, e quindi subiscono la pulizia periodica che Spotify compie per rimuovere i profili falsi creati per lo più per le bot che generano finti ascolti.

E qui arriviamo al secondo punto: l’acquisto degli ascolti. Ho visto con i miei occhi un intero album bannato senza appello dalla piattaforma svedese perché il cantautore incauto si era affidato a uno di questi servizi nonostante la mia netta disapprovazione. Grazie ad un pressing costante e con l’appoggio del distributore, che è uno dei maggiori players internazionali, dopo sei mesi l’album ha potuto ritornare sull’app di streaming, ripartendo da zero, ovviamente.

Questa esperienza mi ha confermato che non ci sono scorciatoie per ottenere risultati reali sui social network, qualsiasi essi siano. Che si tratti di Spotify o Youtube, che sia Instagram o Facebook, queste piattaforme sono dotate di algoritmi sofisticati che rendono vano e combattono l’uso di queste pratiche, arrivando anche a soluzioni drastiche, come abbiamo visto.

I follower per un artista musicale sono i suoi fan: persone reali che amano la sua musica e magari anche il suo personaggio artistico. Il pubblico te lo devi conquistare, non acquistare, lo fai con un rapporto onesto e costante durante le tue esibizioni dal vivo e dialogando con loro nei social. La tua figura di artista musicale deve diventare degna di stima e alimentare un senso di coerenza, fiducia e utilità attraverso il tempo. E’ un percorso che richiede impegno e attenzione, ma è l’unico in grado di dare risultati soddisfacenti e duraturi.

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musica streaming personal branding social media

L’importanza dei social per l’artista musicale

Della presenza e dell’importanza della musica nell’evoluzione sociale della razza umana credo siamo tutti d’accordo, vero? In ogni cultura, in ogni latitudine, la potenza comunicativa della musica si è fatta carico di comunicare ideali, emozioni, bellezza; la musica ha saputo diventare portavoce dei disagi, raccontare i fenomeni sociali e diventare manifesto di movimenti d’opinione o politici, come rivolte popolari, lotte operaie e agitazioni studentesche.

L'importanza dei social per l'artista musicale
courtesy by pixabay.com

La musica ha la capacità di agire direttamente sulla psiche umana influenzando l’umore e la creatività, aiuta a memorizzare e sviluppare le capacità di analisi individuale. Ma la musica non è solo questo, è anche esperienza.

La musica è esperienza quando, crea un ricordo indelebile e preciso, legato a un periodo della vita attraverso l’emozione del momento. Le sensazioni legate a una musica o a una canzone sono e restano soggettive, ogni individuo le elabora nel suo intimo, ed è per questo che talvolta siamo portati a scegliere un genere preciso di melodia per accompagnare un dato momento di vita. Una sorta di fotografia mentale che attraverso il suono imprima nel ricordo ogni particolare di quell’attimo.

In meno di un secolo, l’evoluzione della musica registrata è passata dal supporto fisico allo streaming: attraverso un’evoluzione tecnologica che ha visto prima il vinile, poi le musicassette, quindi il Cd e gli .mp3 e infine le app di musica in streaming. Ognuno di questi passaggi, ha segnato un cambio di abitudini nell’ascoltatore finale. Per esempio, con l’avvento delle musicassette l’ascoltatore ha iniziato a comporre le proprie playlist di brani preferiti, magari mescolando generi e artisti in un unico personalissimo mixtape.

La realtà di oggi ci mostra l’individuo immerso in un continuo richiamo sonoro, una sorta di bombardamento destabilizzante che non gli permette di apprendere o conservare nessun ricordo. Nel contempo, il consumatore di musica trova nelle app di musica in streaming la possibilità di accedere, gestendo con le playlist, un catalogo di brani praticamente infinito ed in continua evoluzione.

Con le playlist, l’ascoltatore può costruire un castello di emozioni personalizzato e, tra le altre cose, di identificarsi all’interno di gruppo sociale nel web, disegnandosi una costruzione che lo rappresenta e dandosi un ruolo ben definito all’interno del mondo social.

Nel tempo della musica in streaming e dei social network, il ruolo ed i compiti dell’artista musicale cambiano radicalmente, investendolo di responsabilità che prima non aveva o erano mediate dalla struttura delle case discografiche. Oggi l’artista musicale si ritrova a dover/poter comunicare direttamente con un pubblico ampissimo, anche di differenti culture, alla ricerca di un contatto diretto con la star. Questo tipo di rapporto tra fan e musicista si amplifica e nel contempo si approfondisce nei social network, dove l’autore può comunicare con più persone contemporaneamente e ricevere un immediato feedback.

Sebbene questo impegno possa essere delegato dall’artista musicale a figure terze, egli deve conservare la consapevolezza di dover dedicare parte del suo tempo alla cura della sua base fan. E’ molto importante perché oramai la nostra vita sociale è inevitabilmente interconnessa tra mondo reale e mondo virtuale. Un artista musicale, in particolare se emergente, può trovare nei social network un modo pratico per costruire e coltivare una comunità di appassionati alla sua musica.

E’ un’opportunità che va colta perché può incidere profondamente nel successo di una carriera professionale.

Vorrei essere chiaro su questo punto, quanto scritto sopra, non vale solo per l’artista musicale che distribuisce la sua musica, vale per ogni artista musicale, anche per coloro che non hanno mai prodotto un loro album solista e nemmeno hanno l’intenzione di farlo. Una base fan appassionata e solida dà un credito professionale all’artista che può dimostrare di avere una platea di appassionati alla sua tecnica, al suo stile ed alla sua personalità.

Se ci rifletti un attimo, sono cose che possono fare la differenza.

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