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La musica glocalizzata ha modificato gli equilibri.

In un articolo del Financial Times di questi giorni i due autori Ralph Simon e Chris Dalla Riva rendono noti i risultati di un’analisi che disegna una geografia musicale con dinamiche inedite e impreviste sul mercato discografico internazionale.

La glocalizzazione ha modificato gli equilibri nell'industria discografica mondiale

Nel contesto internazionale, sono solo quattro le grandi nazioni esportatrici di musica nel mondo: Stati Uniti, Gran Bretagna, Svezia e Corea del Sud; senza dimenticare che il predominio mondiale della musica anglosassone è durato ininterrotto dalla seconda metà del ‘900 sino ai giorni nostri. Eppure questa posizione di vantaggio è oggi messa in discussione da un’inatteso comportamento degli ascoltatori sulle app di musica in streaming.

Oggi cosa è cambiato?

Semplicemente è successo che la globalizzazione ha ceduto il passo alla glocalizzazione.

Sui servizi musicali in streaming, capaci di distribuire la musica di ogni luogo a livello globale, la musica locale prospera in ogni rispettivo paese rivelando una dinamica che non esisteva quando i negozi di dischi e le stazioni radio di quartiere controllavano l’attenzione del pubblico. Per esempio, gli artisti britannici o statunitensi possono aver dominato le rispettive classifiche lo scorso anno, ma i tedeschi, i francesi e gli italiani hanno a loro volta regnato nei loro mercati nazionali. Inoltre, i primi posti nelle classifiche locali si esibiscono sempre più nelle loro lingue native.

Le classifiche in Svezia, una delle prime nazioni ad adottare lo streaming, sempre lo scorso anno sono state dominate dagli svedesi che si sono esibiti in svedese. Un decennio fa, né gli svedesi né la loro lingua erano la maggioranza. Gli artisti polacchi ora dominano anche le classifiche polacche, anche se molti si esibiscono in hip-hop, un genere americano. Localizzazione degli artisti, ma globalizzazione del genere.

Questa è la glocalizzazione, termine coniato nel 1995 dal sociologo Roland Robertson che ipotizzò che la proliferazione di supermercati etnici in California non stesse appiattendo il mondo, ma piuttosto trasformando il globale in locale.

Questo fenomeno spontaneo nel comportamento del pubblico è stato notato anche in casa Amazon dove constatano che la tendenza alla glocalizzazione “sembra coerente con la più ampia tendenza sociale secondo cui, man mano che diventiamo più globali, stiamo anche diventando più tribali” e sue produzioni glocalizzate avere rendimenti migliori.

Almeno per quanto concerne l’industria musicale, questa dinamica del mercato ha funzionato meglio delle politiche sovraniste di alcuni governi nazionali, la Francia per esempio, che hanno legiferato a protezione della propria industria culturale con risultati dubbi. Lo streaming di musica e video ha raggiunto il risultato politicamente auspicabile della preminenza della musica nazionale, senza l’intervento del governo. Ironia della sorte, questi mercati globali non regolamentati hanno avuto successo laddove quelli regolamentati della radio e della televisione locale hanno fallito.

In questo contesto, possiamo anche valutare che, per quanto ci riguarda, il mercato italiano è da considerarsi una nicchia di pubblico ben precisa alla quale rivolgersi sapendo toccare i giusti tasti. Ancora una volta il problema che l’artista musicale deve affrontare è identificare ed identificarsi con il suo pubblico di riferimento, risvegliandone le emozioni e coinvolgerlo con la sua musica: il fatto che si parli la stessa lingua e si condivida la stessa cultura, può ritenersi un catalizzatore da non sottovalutare.


Le 42 leggi universali del digital carisma: La fusione tra vita digitale e reale è il futuro della comunicazione

di Rudy Bandiera
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Si è sempre erroneamente sostenuto che la vita reale e la vita digitale siano distinte, generando errori semantici più volte perpetrati dai media quali “il popolo della Rete”, come se offline il popolo fosse un altro! La verità è diversa: la vita reale e la vita digitale sono due facce della stessa medaglia, anzi sono la stessa faccia della stessa medaglia, ormai talmente fuse in un unico plasma che si potrebbero immaginare come due liquidi di diverso colore lasciati liberi di miscelarsi in un nuovo cromatismo, non più separati ma uniti, amalgamati. Si è sempre parlato di personal branding abbinato alla personalità online e di carisma associato a una tipologia di personalità offline ma, se on e off sono saldati, allora lo saranno anche personal branding e carisma. Il carisma è qualcosa che può essere coltivato anche in ambito digital ovvero anche in non-presenza, dove non occorre la fisicità. Sì, per la prima volta nella storia siamo di fronte a un nuovo modo di approcciarci alla realtà: attraverso la vita reale (VR) e la vita digitale (VD).
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La crisi della musica richiede un cambiamento

Non è colpa solo del lunedì
Sono nutellate di deliri
E code e colpi di tosse
E tu non piangi e non ridi
Vivi come se niente fosse
(La Crisi – Bugo)

Nel primo decennio degli anni 2000 mi occupavo dello sviluppo di siti internet per aziende. La mia area di attività era la provincia di Verona e dedicavo almeno un giorno alla settimana a presentare la mia attività presso le aziende. Prima di andare facevo una piccola selezione e il mio target erano le imprese, di qualsiasi settore, con almeno quattro dipendenti. Questo perché volevo un’azienda che avesse interesse, oltre che di un sito, ad utilizzare alcuni servizi che ero in grado di offrire.

La crisi della musica richiede un cambiamento
courtesy by pixabay.com

Ricordo che ho calcolato una media dei risultati di quel periodo: ogni dieci aziende ottenevo circa quattro responsi positivi di cui però solo due si concretizzavano in un contratto. Non era male, con molte di loro sono seguiti anni di proficua collaborazione e reciproca soddisfazione.

La cosa che meglio ricordo di quel periodo, sono le risposte ricevute da quelle 6 aziende su 10 che mi davano picche, risposte che possiamo riassumere in queste due categorie:
a) Non serve un sito internet per il mio lavoro.
b) Non credo in internet.

Ogni mia parola spesa nell’illustrare le possibilità offerte da un sito internet ben progettato non è mai riuscita a sfondare questo muro di gomma. Ricordo anche che un giorno, quando andai ad un appuntamento con il mio programmatore di fiducia, quasi certo di portar a casa il lavoro, dopo aver illustrato il progetto e le funzionalità del sito ed aver ricevuto un “devo pensarci sopra”, il mio partner se ne uscì con – Ma questo non ha bisogno di un sito web. Non lo capisce. Non sa che farsene, speriamo non faccia niente.-

Aveva ragione lui, noi stavamo cercando realtà produttive che volessero investire seriamente su internet, che volessero anche seguirci nel percorso che indicavamo. Ma soprattutto che tra noi e loro nascesse una collaborazione che ci facesse crescere e maturare professionalmente entrambi.

Le cose cambiarono improvvisamente verso il 2010, ovvero quando la crisi dei subprime era all’acme e faceva sentire i suoi effetti nefasti sul territorio. Molte aziende che avevano rifiutato i miei servizi ritornarono in scena chiedendo quello che non avevano voluto e in cui ora vedevano come una speranza: purtroppo non potevo fare molto per loro.

La loro disponibilità, in termini di budget, si era ristretta e si aspettavano che in poche settimane fossi in grado di assicurar loro quella presenza in rete che qualche anno prima non ritenevano utile. Dovetti rifiutare l’incarico nella maggior parte dei casi, come mi aveva fatto notare il mio collega “Questo internet non lo capisce”.

Credo che il settore musicale in questi anni viva condizioni simili a quello imprenditoriale/artigianale degli anni 10 del 2000. Il crollo verticale delle vendite di Cd e .mp3, l’avvento della musica in streaming hanno ridimensionato il guadagno di artisti e case discografiche. A questo aggiungiamo il blocco dei concerti e delle lezioni di musica causato dal Covid19, ecco che otteniamo un panorama del settore molto diverso da quello di soli 5 anni fa.

Sono tempi nuovi, che richiedono nuove soluzioni e nuove prospettive. Da quello che vedo, nessuno ha ancora trovato una risposta definitiva a questo. Le discussioni in corso sulla crisi del settore non trovano un’identità di vedute tra le parti e c’è comunque un clima di incertezza generalizzato. Nemmeno io ho una risposta vincente, e nemmeno credo esista una sola risposta.

Posso però invitarti a non chiuderti in te stesso e mettere in discussione le convinzioni maturate nella tua esperienza professionale. Il mondo della musica sta cambiando e ancora nessuno sa quanto inciderà questa mutazione o quanto tempo passerà prima di trovare un assestamento.

Direi che questo è il momento buono per uscire dalla zona confort ed affrontare il mutamento con nuova voglia di apprendere, migliorare, uscendo fuori dagli abituali confini, anche sopportando il disagio che ne consegue. E’ un investimento sul presente e sul tuo futuro professionale di musicista. Se in esso trovi un tua giusta dimensione, potrai solo trarne che benefici.


Business e Marketing della Musica: Tutto quello che musicisti, autori, manager, produttori ed editori devono sapere per vivere di musica

di Massimiliano Titi
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Conoscere le regole del gioco è fondamentale per vivere di musica.
Con un tono semplice e colloquiale, questo libro prende per mano il creativo in campo musicale e lo accompagna in un viaggio tra le tante questioni che deve affrontare oggi: dalla conoscenza dei diritti d’autore e connessi, all’esame delle figure professionali e dei contratti più comuni, dai fondamenti di marketing e a come promuoversi, alla distribuzione digitale e alla concreta realizzazione dei propri profili, fino all’illustrazione dei nuovi mestieri della musica che possono contribuire a dare sussistenza al creativo, realizzando così di fatto il sogno di “vivere di musica”. Non manca uno sguardo sul futuro: NFT e blockchain, intelligenza artificiale e realtà aumentata e nuovi scenari.
I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
Insomma, un bel viaggio, adatto chiunque sia appassionato di musica e voglia trasformarla in un mestiere, oppure a quei professionisti del settore che desiderino consolidare o mettere a fuoco le regole del business e del marketing musicale.
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