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Spotify: la rivoluzione è fallita?

La via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni.
(proverbio)

Spotify si è presentata sul mercato nel 2008, distinguendosi da altre altre piattaforme online, come Napster per esempio, che non riconoscevano alcun diritto a etichette e artisti. Erano gli anni in cui c’era un serio problema di pirateria musicale e Spotify è stata la prima a riconoscere un contributo concreto ai produttori di musica: etichette e artisti.

Spotify: la rivoluzione è fallita?
courtesy pexels.com

Proseguendo in quest’ottica, più recentemente Spotify ha sposato il nobile obiettivo di fornire a un milione di artisti l’opportunità di vivere della propria arte. Un nobile obiettivo che però, ad oggi resta solo una buona intenzione.

Oramai è statisticamente verificato che il numero di artisti che guadagnano sufficientemente per vivere dalle entrate dello streaming rimane di gran lunga inferiore al milione (in tutto il mondo!). Spotify attualmente paga una media di $ 0,00437 USD per streaming, il che significa che servirebbero 360.000 stream al mese perché un artista guadagni una sorta di salario minimo. La cruda realtà è che si tratta anche di un numero di ascolti irraggiungibile per la maggior parte degli artisti presenti sulla piattaforma svedese.

Questo è dovuto al fatto che Spotify non paga direttamente gli artisti per ogni singolo streaming, ma usa una base proporzionale (Vedi Qui) che riconosce agli artisti musicali una percentuale di royalties proporzionata alla loro quota di tutti i flussi sulla piattaforma in un determinato periodo. Questo modello di retribuzione porta a grandi pagamenti per gli artisti che dominano lo streaming, ma si traduce in compensi quasi trascurabili per artisti più piccoli.

Sono noti casi di artisti meno famosi che si sono visti riconoscere poche decine di euro di fronte a milioni di stream dei loro brani. D’altra parte, il modello proposto dal CEO di Spotify Daniel Ek, che invita l’artista interagire continuamente con i fan e pubblicare più musica per aumentare le royalties (un singolo al mese!), va a sbattere contro la realtà delle spese che l’artista deve sostenere per produrre la sua musica, sia che si appoggi ad una etichetta, sia che si auto produca. I ricavi distribuiti dalla piattaforma restano insufficienti per compensare questo sforzo continuo.

Si deve poi tener conto che comunque gli artisti non ricevono direttamente il denaro dalla piattaforma, ma dalla loro etichetta o dal distributore che hanno scelto. Le cifre che perciò arrivano al musicista possono variare a seconda degli accordi con l’etichetta o del costo del servizio di distribuzione. Per farti un’idea, ti basti sapere nel 2017, solo il 12% delle entrate dell’industria discografica sono finite nelle tasche degli artisti musicali.

Esistono comunque modelli di pagamento diversi e più remunerativi per l’artista musicale, come quello della piattaforma francese Deezer. Un modello in cui se un utente ascolta esclusivamente un singolo artista sul proprio account, quell’artista riceverà tutte le royalty generate dagli stream di questo utente.

Esiste uno studio che sembra dimostrare che il modello di Deezer sia più equilibrato rispetto al metodo utilizzato da Spotify, la quale, in sua difesa dichiara che impone costi costi amministrativi aggiuntivi per calcolare il valore dei flussi di ogni utente e questo potrebbe effettivamente tradursi in meno guadagni per gli artisti.

Insomma il buon proposito di Spotify per far vivere il musicista della sua musica è rimasto tale, una buona intenzione.

Prima dell’avvento delle piattaforme di streaming, il problema più importante per etichette ed artisti, era la pirateria, soprattutto attraverso canali peer to peer, che distribuiva gratuitamente file .mp3 senza riconoscere alcuna royalty.

Se da un lato lo streaming musicale e una pesante repressione internazionale hanno ridimensionato il fenomeno della pirateria, dall’altro ha causato un crollo verticale nelle vendite di cd e mp3 che sono molto più redditizi per chi crea musica.

Inoltre, i servizi di streaming non si limitano a rendere la musica più accessibile, ma i loro ecosistemi finiscono per influenzare l’ascolto. Sebbene i servizi di streaming siano stati concepiti e presentati come una grande opportunità per artisti più piccoli e indipendenti, che possono promuovere la loro musica senza il supporto di grandi etichette discografiche, è piuttosto chiaro che il modello di pagamento di Spotify non consente alla stragrande maggioranza degli artisti di ottenere un reddito vivibile dalla loro musica.

L’abbondanza di playlist, algoritmiche o redazionali, può creare negli ascoltatori l’illusione di una libertà di scelta, ma resta il fatto che la maggior parte degli slot nelle playlist principali di Spotify sono inaccessibili a tutti tranne che alle grandi etichette.

Per quasi tutti gli operatori del settore, discografici e musicisti, è chiaro che se Spotify vuole raggiungere il suo obiettivo di consentire a un milione di artisti di vivere della propria musica, dovrebbe riconfigurarsi per retribuirli meglio e con meccanismi più equi, in modo di gratificare almeno quegli emergenti che accolgono un .

Sebbene Spotify si presenti come una grande opportunità per le auto produzioni, è convinzione diffusa che il suo ecosistema sia troppo sbilanciato verso gli interessi delle major discografiche. Se le cose restano così, la rivoluzione delle piattaforme streaming può considerarsi fallita, lasciandole solo come un altro elemento dell’industria musicale che sottovaluta artisti e musicisti.

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Le 42 leggi universali del digital carisma: La fusione tra vita digitale e reale è il futuro della comunicazione

di Rudy Bandiera
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Si è sempre erroneamente sostenuto che la vita reale e la vita digitale siano distinte, generando errori semantici più volte perpetrati dai media quali “il popolo della Rete”, come se offline il popolo fosse un altro! La verità è diversa: la vita reale e la vita digitale sono due facce della stessa medaglia, anzi sono la stessa faccia della stessa medaglia, ormai talmente fuse in un unico plasma che si potrebbero immaginare come due liquidi di diverso colore lasciati liberi di miscelarsi in un nuovo cromatismo, non più separati ma uniti, amalgamati. Si è sempre parlato di personal branding abbinato alla personalità online e di carisma associato a una tipologia di personalità offline ma, se on e off sono saldati, allora lo saranno anche personal branding e carisma. Il carisma è qualcosa che può essere coltivato anche in ambito digital ovvero anche in non-presenza, dove non occorre la fisicità. Sì, per la prima volta nella storia siamo di fronte a un nuovo modo di approcciarci alla realtà: attraverso la vita reale (VR) e la vita digitale (VD).
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Alla scoperta della Songwriter Page di Spotify

Il 12 febbraio 2020 Spotify for Artist ha annunciato sulle pagine di la versione beta test della Songwriter Page, un modo nuovo per far conoscere tutte le canzoni scritte da un cantautore presenti nella app, così da raccogliere in un’unica schermata tutta la produzione di un artista, non solo quella interpretata, ma anche quella firmata.

Alla scoperta della Songwriter Page di Spotify

La Songwriter Page è raggiungibile tramite l’indirizzo http e tramite la scheda Mostra Riconoscimenti presente in ogni traccia e visualizzabile con il tasto destro del mouse; una volta che la Songwriter Page è attiva il nome dell’autore diventa un link verso essa.

La pagina ovviamente può essere condivisa, diventando uno vero e proprio catalogo delle opere disponibili su Spotify: una sorta di curriculum interattivo, se vogliamo metterla così.

A questa pagina si affianca, la playlist ufficiale certificata Written by… dove viene raccolto il meglio  della produzione dell’autore. Non avendo ancora messo mano su una Songwriter Page, che ricordo, è ancora in versione beta test, non ho chiaro se la playlist Written by è algoritmica o personalizzabile.

Potenzialmente chiunque può richiedere la sua Songwriter Page, ma direi che questa funzione è adatta per chi può vantare  collaborazioni con altri artisti musicali.

Un’idea niente male che rende ancor di più Spotify lo strumento più accessibile per far conoscere la propria musica, nonostante tutto.

Richiedi la tua Songwriter Page

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Business e Marketing della Musica: Tutto quello che musicisti, autori, manager, produttori ed editori devono sapere per vivere di musica

di Massimiliano Titi
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Conoscere le regole del gioco è fondamentale per vivere di musica.
Con un tono semplice e colloquiale, questo libro prende per mano il creativo in campo musicale e lo accompagna in un viaggio tra le tante questioni che deve affrontare oggi: dalla conoscenza dei diritti d’autore e connessi, all’esame delle figure professionali e dei contratti più comuni, dai fondamenti di marketing e a come promuoversi, alla distribuzione digitale e alla concreta realizzazione dei propri profili, fino all’illustrazione dei nuovi mestieri della musica che possono contribuire a dare sussistenza al creativo, realizzando così di fatto il sogno di “vivere di musica”. Non manca uno sguardo sul futuro: NFT e blockchain, intelligenza artificiale e realtà aumentata e nuovi scenari.
I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
Insomma, un bel viaggio, adatto chiunque sia appassionato di musica e voglia trasformarla in un mestiere, oppure a quei professionisti del settore che desiderino consolidare o mettere a fuoco le regole del business e del marketing musicale.
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Come entrare nella Discover Weekly di Spotify

Oggi vorrei ritornare sulla Discover Weekly di Spotify, la playlist algoritmica di Spotify che settimanalmente propone 30 nuovi brani agli ascoltatori portandoli alla scoperta di nuova musica e nuovi autori.

Come entrare nella Discover Weekly
courtesy by pixabay.com

Del metodo con cui gli algoritmi creano Discover Weekly ne ho già scritto dettagliatamente qualche settimana fa. Questa volta vorrei darti alcuni consigli pratici che ti aiuteranno a raggiungere l’inserimento di questa playlist personalizzata che è la seconda più ascoltata sulla app svedese ed è fondamentale per ogni artista emergente.

Cura il tuo Profilo Artista

Spotify ha le sue logiche che talvolta confliggono con le esigenze artistico creative, una di queste è la necessità di pubblicare musica con una certa regolarità.

Ha suscitato polemiche la dichiarazione di Daniel Ek, CEO di Spotify, che ha insistito sul fatto che un artista musicale dovrebbe uscire con un nuovo singolo al mese; dal suo punto di vista, il consiglio non è mal posto. Purtroppo gli algoritmi privilegiano gli artisti molto attivi, anche se questo può andare a discapito della qualità delle composizioni.

Per fortuna la vita reale è fatta di molte sfumature. Pubblicare con una certa regolarità non significa pubblicare spesso anche se certamente sono da evitare lunghi periodi tra una pubblicazione e l’altra.

Come possiamo fare per evitare questo senza sacrificare la qualità delle produzioni?

Per esempio, invece di uscire con un unico album ogni 12-18 mesi, potresti anticipare i brani con l’uscita di due o tre singoli nel corso dell’anno, così da tenere viva l’attenzione del pubblico. Magari in seguito, se uno dei singoli che hai già pubblicato non ti soddisfa, nell’album potresti mettere una nuova versione più vicina ai tuoi obiettivi.

Cosa accessoria ma non secondaria, è anche aggiornare la grafica, la bio e le foto del proprio profilo artista. Anche queste operazioni sono cose che vengono valutate positivamente dai meccanismi della piattaforma.

In generale, più il tuo pubblico e la piattaforma multimediale si accorge che sei un utente attivo, più sarai notato. Tieni sempre presente che gli ascoltatori detestano profili dormienti o non aggiornati.

La qualità conta!

C’è poco da fare, una bella canzone, suonata bene, strutturata bene, arrangiata bene e ben registrata sarà comunque più premiante e performante di un brano improvvisato e affrettato.

I brani tecnicamente ben riusciti hanno performance di ascolti di gran lunga superiori rispetto ad altri. Per questo devi riuscire a pubblicare con una certa regolarità senza sacrificare la qualità delle tue composizioni. Questa è una regola aurea assoluta. Potresti trovarti in difficoltà per questo, ma è una fatica che alla lunga ti verrà premiata.

Utilizzare tutti i canali multimediali per la promozione

Sebbene Spotify offra molte possibilità per promuovere la tua musica, non focalizzarti solo su questo canale. Una costante attività sui social network è indispensabile.

Trova i social che sono più funzionali al tuo genere musicale e frequentali, aggiornando il tuo profilo, raccontando la tua vita artistica, le tue amicizie artistiche, scrivendo delle tue canzoni e segnalando dove si possono ascoltare.

Per ogni tua uscita sarebbe anche essenziale ti appoggiassi ad una media agency che, come minimo, ti crei una campagna stampa e magari una programmazione radiofonica: le dimensioni della campagna dipenderà dal budget che avrai a disposizione.

Avere una presenza sul web con articoli e recensioni è molto importante perché Spotify misura la popolarità di un artista musicale anche dalle citazioni che trova in rete sul suo conto.

Le playlist

Avere i propri brani nelle playlist create dagli utenti di Spotify è il metodo più economico e per poter ambire alla Discover Weekly. E’ un vero lavoraccio e un risultato eccellente non è garantito, ma dalle mie esperienze lo ritengo ancora un buon metodo, richiede tempo e pazienza ma funziona.

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Marketing Musicale: Come sfruttare le playlist di Spotify per promuovere la tua musica

di PlayHola

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“Marketing Musicale: Come sfruttare le playlist di Spotify per promuovere la tua musica” è la guida essenziale per gli artisti che desiderano fare della promozione musicale il loro punto di forza. Grazie ai consigli di PlayHola, brand specializzato nel marketing musicale, imparerai come creare playlist efficaci, ottimizzare la tua presenza su Spotify e promuovere la tua musica attraverso i canali più adatti. Scopri come utilizzare al meglio le playlist di Spotify, una vera e propria arma nel mondo del marketing musicale, per raggiungere un pubblico più ampio e far crescere la tua carriera artistica.

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La forza della Release Radar di Spotify

La Release Radar è una playlist personalizzata che Spotify ha creato per aiutare gli utenti a trovare e ascoltare la musica che preferiscono.

La release radar di Spotify

Attualmente, questa playlist è la più ascoltata e popolare tra gli ascoltatori e tra gli artisti. Release Radar viene aggiornata ogni venerdì e la sua caratteristica principale è che ogni ascoltatore ha la sua Radar fatta a misura delle sue preferenze.

In altre parole, ogni utente avrà una playlist diversa in quanto la Release Radar si basa sull’artista che ascolta, in genere basata sulle nuove uscite degli artisti seguiti dall’utente. Per Spotify è la combinazione perfetta per tenere aggiornati gli ascoltatori sulle uscite dei loro artisti preferiti e, di conseguenza per assicurare agli artisti che il loro lavoro verrà ascoltato dai fan.

Release Radar viene aggiornata settimanalmente ogni venerdì, giorno che le label dedicano alle uscite discografiche, ogni artista può avere solo un brano alla volta in questa selezione e, soprattutto, deve essere un brano inedito. Questa nuova traccia, se non viene ascoltata, viene riproposta all’ascoltatore per altre quattro settimane.

Viene da sé che solo i follower di un Artista X possono vedere le sue canzoni su Release Radar, e solo le sue nuove canzoni possono essere aggiunte a questa playlist. La Release Radar in pratica è lo strumento creato da Spotify per mantenere un contatto diretto tra artisti e il loro pubblico. Quindi, la chiave per far funzionare adeguatamente la Release Radar è avere molti follower di Spotify.

E qui siamo al fulcro della questione, il pubblico. Pubblicare le tue canzoni su Spotify e distribuirle in ogni angolo del mondo è facile, ma interessare e coinvolgere un pubblico alla propria musica non è proprio così immediato. Ci vuole metodo, costanza e ostinazione. Ci vuole anche la consapevolezza che la musica virtuale può non essere sufficiente per fare della musica la tua professione, in particolare di questi tempi in cui i guadagni dallo streaming e dalle vendite online sono veramente risicati.

Il segreto sta nel giusto equilibrio tra vita online e vita offline, tra il contatto diretto con i tuoi fan attraverso i live, o anche seminari o lezioni e la cura della tua presenza sui social.

Iscriviti a questo blog, troverai parecchi spunti per promuovere al meglio la tua figura professionale di artista musicale.

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Marketing Musicale: Come sfruttare le playlist di Spotify per promuovere la tua musica

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I follower non si acquistano, si conquistano!

Scorrendo le timeline dei social ti saranno sicuramente comparse pubblicità di servizi che offrono follower reali per i tuoi profili social o per le tue playlist e anche offerte di ascolti reali per i tuoi brani su Spotify o altre piattaforme.

Ti spoilero il finale: evitali come la peste.

I follower non si acquistano, si conquistano
courtesy by pixabay.com

Di questi servizi ne ho provati un paio perché molto allettanti, con siti ben costruiti, semplici, rapidi, chiari nella descrizione del servizio offerto e con prezzi abbordabili; per la precisione ho acquistato due pacchetti di follower per le mie playlist: devo dire che in entrambi i casi sono stati generosi e rapidi.

Di fronte a un acquisto di 500 follower di playlist mi sono ritrovato oltre 600 follower, cioè circa 100 follower regalati. E’ stato tutto molto gratificante per l’ego, meno per il portafoglio. Dato che avevo la possibilità di monitorare gli ascolti di alcuni brani in playlist, ho facilmente appurato che quei 600 follower stavano generando 0 (zero) ascolti, il che significa 0 (zero) royalties.

Ma non è finita qui.

Qualche mese fa, mentre aggiornavo queste due playlist sponsorizzate, mi sono accorto che i follower si erano improvvisamente ridimensionati, tornando a un numero a due cifre. Dato che fino a 1+1 sono capace di fare i conti, questa piccola esperienza mi ha insegnato due cose: la prima è che questi servizi ti vendono account reali, ma dubito che si tratti di follower in carne ed ossa; la seconda è che, probabilmente si tratta di account legati a bot, e quindi subiscono la pulizia periodica che Spotify compie per rimuovere i profili falsi creati per lo più per le bot che generano finti ascolti.

E qui arriviamo al secondo punto: l’acquisto degli ascolti. Ho visto con i miei occhi un intero album bannato senza appello dalla piattaforma svedese perché il cantautore incauto si era affidato a uno di questi servizi nonostante la mia netta disapprovazione. Grazie ad un pressing costante e con l’appoggio del distributore, che è uno dei maggiori players internazionali, dopo sei mesi l’album ha potuto ritornare sull’app di streaming, ripartendo da zero, ovviamente.

Questa esperienza mi ha confermato che non ci sono scorciatoie per ottenere risultati reali sui social network, qualsiasi essi siano. Che si tratti di Spotify o Youtube, che sia Instagram o Facebook, queste piattaforme sono dotate di algoritmi sofisticati che rendono vano e combattono l’uso di queste pratiche, arrivando anche a soluzioni drastiche, come abbiamo visto.

I follower per un artista musicale sono i suoi fan: persone reali che amano la sua musica e magari anche il suo personaggio artistico. Il pubblico te lo devi conquistare, non acquistare, lo fai con un rapporto onesto e costante durante le tue esibizioni dal vivo e dialogando con loro nei social. La tua figura di artista musicale deve diventare degna di stima e alimentare un senso di coerenza, fiducia e utilità attraverso il tempo. E’ un percorso che richiede impegno e attenzione, ma è l’unico in grado di dare risultati soddisfacenti e duraturi.

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