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La musica e i social media

Impensabile fino a qualche anno fa, il rapporto interpersonale tramite social network è oramai prassi quotidiana per gran parte della popolazione attiva. Discutiamo, condividiamo passioni, ci informiamo, manteniamo contatti personali e professionali attraverso immagini, testi e link. Quanto è importante dunque per un’artista musicale essere presente online?

musica e social media
courtesy pixabay.com

La crisi scatenata dall’epidemia del Covid-19 credo abbia trovato una risposta ampiamente soddisfacente che a questo punto la domanda diventa retorica.

Questo drammatico evento ha messo in luce le differenze tra chi ha saputo costruire un rapporto tramite social con la sua fanbase e chi invece non lo ha fatto, perdendo contatto con il pubblico durante i mesi di clausura.

Voglio essere chiaro, non è che i live sui social, per esempio, abbiano potuto sostituire i concerti dal vivo, ma gli artisti con una fanbase social hanno potuto, nei mesi più difficili, mantenere un contatto stretto con i propri fan preparando le basi per una ripartenza in tempi migliori.

Tramite Facebook, Twitter e sopratutto Instagram, gli artisti musicali più avveduti si raccontano, talvolta si sfogano, spesso dialogano con il pubblico, facendo storytelling sui loro progetti, sui loro gusti e sulla loro quotidianità.

Lo fanno anche appoggiandosi ad un social media manager che confeziona i loro contenuti e pianifica l’esposizione in un vero e proprio progetto di social music marketing che copre le 24 ore della giornata, diventando un vero racconto in cui i valori dell’artista vengono condivisi con il pubblico.

Questo rapporto stretto tra artista musicale e fan, genera circoli virtuosi, in particolare durante i concerti, dove i fan fotografano o registrano l’esibizione. Questi contenuti visuali possono essere condivisi dall’artista nei suoi profili, come segno di stima verso il proprio pubblico amplificando la diffusione del suo messaggio.

Si tratta di un’esperienza mediata, in cui il mix tra online e offline garantisce il successo di una serata. L’artista documenta le sue serate live riprendendo i suoi concerti, i fan invece generano un’enorme quantità di contenuti che di riflesso potranno tornare utili all’artista. In ottica user generated content, i live possono servire per coinvolgere maggiormente i fan e per poter catturare tantissimi consensi e contenuti freschi da utilizzare per la propria strategia social.

Con contenuti opportunamente confezionati e programmati, anche le persone non presenti al live, avranno modo di parteciparvi grazie alle stories dei propri follower, in uno scambio continuo tra offline e online, dove il beneficio ricade sull’artista musicale e sul suo prodotto discografico.

Questo rapporto fondato sull’interazione, la partecipazione del pubblico, devi trattarlo con cura e attenzione. L’ errore è dietro l’angolo: una frase detta male, un passo falso, una dichiarazione sbagliata può metterti in serio imbarazzo, se non crearti veri e propri danni.

Come artista musicale ti è indispensabile lavorare sul tuo personal branding, ovvero gestire in maniera strategica la tua immagine professionale. Nota bene, non si tratta del saper vendere se stessi, ma di partire dalla tua personalità e unicità, dai tuoi punti di forza, per costruire una relazione duratura e a due vie con il tuo pubblico, capace di rafforzare e addirittura, molto spesso, migliorare il tuo essere artista e attrarre nuove opportunità.


Business e Marketing della Musica: Tutto quello che musicisti, autori, manager, produttori ed editori devono sapere per vivere di musica

di Massimiliano Titi
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Conoscere le regole del gioco è fondamentale per vivere di musica.
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L’evoluzione discografica: un cambio di visione.

Quanti sono i musicisti emergenti che hanno come meta la firma di un contratto discografico? Oggi sembra piuttosto facile, ma la realtà non è tutta rose e fiori: il mercato discografico è quello di sempre, un campo minato ricco di insidie che richiede all’artista una giusta cautela, ovvero il saper compiere i passi giusti al momento giusto. Il rischio è quello di utilizzare male un’occasione e magari di buttar via un buon pezzo.

Com'è cambiata l'industria discografica?
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Prima di potersi proporre sul mercato, un artista o una band devono avere un’idea molto chiara del pubblico al quale si rivolgono. I tempi in cui una produzione discografica poteva essere il mezzo per esplorare il mercato e trovare i propri fan sono finiti, questa è la realtà. Oggi, prima di ogni cosa, è necessario avere già un pubblico di riferimento per poter investire cifre importanti in una produzione discografica. Non sto parlando solo della registrazione dell’album, ma anche e soprattutto del marketing che andrà ad accompagnare il disco, packaging compreso.

Come accennavo, non sempre è stato così. Un tempo gli artisti venivano coltivati dai manager delle etichette, venivano seguiti e fatti crescere con le opportune strategie.

Negli anni ’60 o ’70, ad esempio, una produzione sceglieva un artista con l’obiettivo di aiutarlo a raggiungere una sua dimensione artistica e una chiara identità musicale tramite il suo suono, i suoi testi e il suo pubblico. Solo dopo aver raggiunto questo obiettivo l’artista era pronto per la commercializzazione della sua musica e per un più ampio successo di pubblico. Una volta identificato il mercato tramite i potenti mezzi di una casa di produzione, l’artista ormai professionalmente maturo poteva ampliare e solidificare la propria audience. Questo significava anche avere l’opportunità di lavorare in stretta collaborazione artistica e personale con professionisti di alto livello, un’esperienza che poteva permettere di raggiungere livelli tecnico e artistici elevatissimi, se si era un bravo musicista.

Nell’epoca dello streaming le cose sono cambiate, per non dire invertite. Oggi un’etichetta discografica non investe su un artista perché ha potenzialità di successo, ma investe su un artista perché ha già una sua fanbase e ha la possibilità immediata di monetizzare il suo successo. Se prima si trattava di investire su un potenziale, ora si tratta di partecipare al profitto di un capitale umano pronto a portare frutti.

Questo comporta che un artista o una band, se vogliono diventare appetibili per un investimento, devono già possedere un seguito, di pubblico ai concerti e/o di followers in rete, ma nel contempo avere anche una chiara identità musicale. E’ un dato di fatto che nella psicologia della produzione moderna un buon investimento è quello che produce reddito dal primo giorno. Costruirsi un proprio pubblico locale, una fanbase solida e affiatata è il primo passo che un musicista deve fare per iniziare il percorso che lo porterà al contratto con un’etichetta discografica.

Per farlo, partire da concerti presso un circolo di quartiere o in un contest tra gruppi emergenti, non è certo un’idea da sottovalutare. Si tratta comunque di trovare i luoghi più adatti per costruire nel tempo una fanbase fidelizzata, grazie all’interazione e al coinvolgimento diretto e personale tra musicisti e pubblico.


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La mucca viola è il libro che ha consacrato Seth Godin come uno degli autori business più amati e ha lanciato un movimento globale che ha ridefinito le basi del marketing. Il solito marketing e i grandi investimenti sui media tradizionali non funzionano più. Oggi il marketing comincia dall’idea del prodotto, che deve essere straordinario, diverso, innovativo per poter catturare l’attenzione dei clienti e far parlare spontaneamente di sé. È questo elemento di magia e unicità a far sì che realtà come Apple, Google, Ikea, Starbucks o la bottega del macellaio toscano Dario Cecchini continuino a macinare successi, mentre grandi industrie affermate arrancano e non riescono a stare al passo.
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