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musica streaming social media

Non c’è solo Spotify, per esempio…

In questo post avevo scritto di come Spotify da un po’ di tempo operi spesso la scelta editoriale di non pubblicare album di cover.

Questo può diventare un grosso grattacapo per qualsiasi artista musicale che vuol mantenere un alto tasso di produzioni discografiche e lo è anche per l’etichetta che gli pubblica la musica. Fortunatamente questa selezione non è applicata su altre piattaforme come YouTube e Deezer se vogliamo fermarci alle app di streaming gratuito con pubblicità.

Non c'è solo Spotify, c'è anche YouTube Music
courtesy Pixabay.com

Nonostante Spotify faccia il fighetto, è ancora YouTube la prima fonte di ascolto di musica in streaming, tra l’altro gode di una fascia d’età di ascoltatori più ampia rispetto l’app svedese. Dal 2019 al sito si è affiancata l’app YouTube Music che consente di sfogliare video e playlist più agevolmente. A suo vantaggio, va anche detto che il motore di ricerca di YouTube, ampiamente collaudato, è molto più soddisfacente rispetto a quello di Spotify.

Ma come puoi far conoscere le tue musiche su YouTube?

Le buone pratiche in fondo sono sempre le stesse:

  • Crea delle playlist in cui metti le tue canzoni.
  • Interagisci e scambia musica con altri Youtubers e musicisti e creati una community che ti segua.
  • Commenta la musica che ti piace su altri canali, magari mettendoci anche tutta la tua competenza oltre che il gusto.
  • Condividi le tue playlist sui tuoi social

Inoltre YouTube crea in automatico un canale artista (Tema o Topic) dove raccoglie tutte le tue pubblicazioni, anche quelle che generalmente vengono caricate in automatico dai distributori digitali (Believe, The Orchard, Distrokids, Tunecore). Condividilo e fallo conoscere. Stessa cosa vale se hai un tuo canale personale.

Su Deezer per il momento mi limito a dire che le sue funzionalità sono molto simili a Spotify e le regole per il suo buon utilizzo sono le stesse che ho elencato per YouTube.

Nei tempi della musica in streaming, qualsiasi sia il canale che prediligi, Spotify, AppleMusic, YouTube, Deezer o altro, curare e far crescere una community e partecipare in altre community, è l’unico modo conosciuto per far conoscere la tua musica on line. Lo puoi anche fare dal vivo durante i concerti e con il contatto diretto con il pubblico, ma lo dovresti fare anche quando sei davanti al computer o al cellulare.

E’ un passaggio obbligato che va fatto con metodo e costanza, puoi farlo direttamente tu, oppure affidarti a qualcuno che ti dia una mano per crescere.


Business e Marketing della Musica: Tutto quello che musicisti, autori, manager, produttori ed editori devono sapere per vivere di musica

di Massimiliano Titi
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Conoscere le regole del gioco è fondamentale per vivere di musica.
Con un tono semplice e colloquiale, questo libro prende per mano il creativo in campo musicale e lo accompagna in un viaggio tra le tante questioni che deve affrontare oggi: dalla conoscenza dei diritti d’autore e connessi, all’esame delle figure professionali e dei contratti più comuni, dai fondamenti di marketing e a come promuoversi, alla distribuzione digitale e alla concreta realizzazione dei propri profili, fino all’illustrazione dei nuovi mestieri della musica che possono contribuire a dare sussistenza al creativo, realizzando così di fatto il sogno di “vivere di musica”. Non manca uno sguardo sul futuro: NFT e blockchain, intelligenza artificiale e realtà aumentata e nuovi scenari.
I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
Insomma, un bel viaggio, adatto chiunque sia appassionato di musica e voglia trasformarla in un mestiere, oppure a quei professionisti del settore che desiderino consolidare o mettere a fuoco le regole del business e del marketing musicale.
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personal branding social media Spotify Spotify playlist

I follower non si acquistano, si conquistano!

Scorrendo le timeline dei social ti saranno sicuramente comparse pubblicità di servizi che offrono follower reali per i tuoi profili social o per le tue playlist e anche offerte di ascolti reali per i tuoi brani su Spotify o altre piattaforme.

Ti spoilero il finale: evitali come la peste.

I follower non si acquistano, si conquistano
courtesy by pixabay.com

Di questi servizi ne ho provati un paio perché molto allettanti, con siti ben costruiti, semplici, rapidi, chiari nella descrizione del servizio offerto e con prezzi abbordabili; per la precisione ho acquistato due pacchetti di follower per le mie playlist: devo dire che in entrambi i casi sono stati generosi e rapidi.

Di fronte a un acquisto di 500 follower di playlist mi sono ritrovato oltre 600 follower, cioè circa 100 follower regalati. E’ stato tutto molto gratificante per l’ego, meno per il portafoglio. Dato che avevo la possibilità di monitorare gli ascolti di alcuni brani in playlist, ho facilmente appurato che quei 600 follower stavano generando 0 (zero) ascolti, il che significa 0 (zero) royalties.

Ma non è finita qui.

Qualche mese fa, mentre aggiornavo queste due playlist sponsorizzate, mi sono accorto che i follower si erano improvvisamente ridimensionati, tornando a un numero a due cifre. Dato che fino a 1+1 sono capace di fare i conti, questa piccola esperienza mi ha insegnato due cose: la prima è che questi servizi ti vendono account reali, ma dubito che si tratti di follower in carne ed ossa; la seconda è che, probabilmente si tratta di account legati a bot, e quindi subiscono la pulizia periodica che Spotify compie per rimuovere i profili falsi creati per lo più per le bot che generano finti ascolti.

E qui arriviamo al secondo punto: l’acquisto degli ascolti. Ho visto con i miei occhi un intero album bannato senza appello dalla piattaforma svedese perché il cantautore incauto si era affidato a uno di questi servizi nonostante la mia netta disapprovazione. Grazie ad un pressing costante e con l’appoggio del distributore, che è uno dei maggiori players internazionali, dopo sei mesi l’album ha potuto ritornare sull’app di streaming, ripartendo da zero, ovviamente.

Questa esperienza mi ha confermato che non ci sono scorciatoie per ottenere risultati reali sui social network, qualsiasi essi siano. Che si tratti di Spotify o Youtube, che sia Instagram o Facebook, queste piattaforme sono dotate di algoritmi sofisticati che rendono vano e combattono l’uso di queste pratiche, arrivando anche a soluzioni drastiche, come abbiamo visto.

I follower per un artista musicale sono i suoi fan: persone reali che amano la sua musica e magari anche il suo personaggio artistico. Il pubblico te lo devi conquistare, non acquistare, lo fai con un rapporto onesto e costante durante le tue esibizioni dal vivo e dialogando con loro nei social. La tua figura di artista musicale deve diventare degna di stima e alimentare un senso di coerenza, fiducia e utilità attraverso il tempo. E’ un percorso che richiede impegno e attenzione, ma è l’unico in grado di dare risultati soddisfacenti e duraturi.


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L’importanza dei social per l’artista musicale

Della presenza e dell’importanza della musica nell’evoluzione sociale della razza umana credo siamo tutti d’accordo, vero? In ogni cultura, in ogni latitudine, la potenza comunicativa della musica si è fatta carico di comunicare ideali, emozioni, bellezza; la musica ha saputo diventare portavoce dei disagi, raccontare i fenomeni sociali e diventare manifesto di movimenti d’opinione o politici, come rivolte popolari, lotte operaie e agitazioni studentesche.

L'importanza dei social per l'artista musicale
courtesy by pixabay.com

La musica ha la capacità di agire direttamente sulla psiche umana influenzando l’umore e la creatività, aiuta a memorizzare e sviluppare le capacità di analisi individuale. Ma la musica non è solo questo, è anche esperienza.

La musica è esperienza quando, crea un ricordo indelebile e preciso, legato a un periodo della vita attraverso l’emozione del momento. Le sensazioni legate a una musica o a una canzone sono e restano soggettive, ogni individuo le elabora nel suo intimo, ed è per questo che talvolta siamo portati a scegliere un genere preciso di melodia per accompagnare un dato momento di vita. Una sorta di fotografia mentale che attraverso il suono imprima nel ricordo ogni particolare di quell’attimo.

In meno di un secolo, l’evoluzione della musica registrata è passata dal supporto fisico allo streaming: attraverso un’evoluzione tecnologica che ha visto prima il vinile, poi le musicassette, quindi il Cd e gli .mp3 e infine le app di musica in streaming. Ognuno di questi passaggi, ha segnato un cambio di abitudini nell’ascoltatore finale. Per esempio, con l’avvento delle musicassette l’ascoltatore ha iniziato a comporre le proprie playlist di brani preferiti, magari mescolando generi e artisti in un unico personalissimo mixtape.

La realtà di oggi ci mostra l’individuo immerso in un continuo richiamo sonoro, una sorta di bombardamento destabilizzante che non gli permette di apprendere o conservare nessun ricordo. Nel contempo, il consumatore di musica trova nelle app di musica in streaming la possibilità di accedere, gestendo con le playlist, un catalogo di brani praticamente infinito ed in continua evoluzione.

Con le playlist, l’ascoltatore può costruire un castello di emozioni personalizzato e, tra le altre cose, di identificarsi all’interno di gruppo sociale nel web, disegnandosi una costruzione che lo rappresenta e dandosi un ruolo ben definito all’interno del mondo social.

Nel tempo della musica in streaming e dei social network, il ruolo ed i compiti dell’artista musicale cambiano radicalmente, investendolo di responsabilità che prima non aveva o erano mediate dalla struttura delle case discografiche. Oggi l’artista musicale si ritrova a dover/poter comunicare direttamente con un pubblico ampissimo, anche di differenti culture, alla ricerca di un contatto diretto con la star. Questo tipo di rapporto tra fan e musicista si amplifica e nel contempo si approfondisce nei social network, dove l’autore può comunicare con più persone contemporaneamente e ricevere un immediato feedback.

Sebbene questo impegno possa essere delegato dall’artista musicale a figure terze, egli deve conservare la consapevolezza di dover dedicare parte del suo tempo alla cura della sua base fan. E’ molto importante perché oramai la nostra vita sociale è inevitabilmente interconnessa tra mondo reale e mondo virtuale. Un artista musicale, in particolare se emergente, può trovare nei social network un modo pratico per costruire e coltivare una comunità di appassionati alla sua musica.

E’ un’opportunità che va colta perché può incidere profondamente nel successo di una carriera professionale.

Vorrei essere chiaro su questo punto, quanto scritto sopra, non vale solo per l’artista musicale che distribuisce la sua musica, vale per ogni artista musicale, anche per coloro che non hanno mai prodotto un loro album solista e nemmeno hanno l’intenzione di farlo. Una base fan appassionata e solida dà un credito professionale all’artista che può dimostrare di avere una platea di appassionati alla sua tecnica, al suo stile ed alla sua personalità.

Se ci rifletti un attimo, sono cose che possono fare la differenza.


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business personal branding social media social music marketing

Da artista musicale a professionista della musica: un cambio di mindset.

Nonostante i fatturati dell’industria discografica, decisamente non è un buon momento per l’artista musicale. I bassi introiti provenienti dalle app di streaming e la piaga degli introiti non riconosciuti dai social network, evidenziano degli squilibri che gli artisti musicali cercano di fronteggiare in diversi modi.

L'artista musicale deve puntare sempre più sul professionismo.
courtesy pixabay

Ai, bassi introiti dallo streaming, io aggiungerei pure il rapporto tra domanda e offerta di prodotti e servizi musicali. E’ un fatto che un’importante fetta di artisti musicali vive soprattutto sull’insegnamento. Che lo faccia in presenza o con video lezioni, anche in questo ramo la competizione si è fatta agguerrita. Insomma, la torta non basta per tutti.

Cosa deve fare un artista musicale per fronteggiare questo momento e far fronte all’evoluzione del mercato discografico?

Opinione comune è che sia necessaria un’evoluzione professionale dell’artista musicale, una ridefinizione della sua figura in cui esaltare di più le sue qualità professionali rispetto a quelle creative/artistiche: che però restano fondamentali per la sua autorevolezza.

In una realtà in cui il mercato si restringe l’importanza di emergere valorizzando le proprie qualità, le proprie unicità diventa indispensabile e i social network e i social media se usati con metodo e con criterio diventano uno strumento formidabile per questo scopo.

Questo vale per tutti i professionisti di vari campi, dal marketing all’illustrazione, perché non dovrebbe valere per l’artista musicale? Un grafico, un illustratore non sono forse figure creative che operano in un mercato con le sue regole?

La cantante Gospel Cheryl Porter da anni cura il suo canale YouTube dove distribuisce lezioni di canto e filma le esperienze fatte con i suoi giovani allievi. Un costante lavoro nel tempo l’ha portata ad avere oltre due milioni e mezzo di iscritti imponendosi tra i migliori vocal coach presenti in rete. Credi che questo non abbia influito sulla Disney quando l’ha scelta per interpretare la colonna sonora del Re Leone?

Curare la propria presenza in rete, professionalmente e non solo artisticamente, è oggi per l’artista musicale un imperativo e anche un’opportunità da non perdere.

Oltre le tue capacità tecnico/artistiche, puoi trarre frutto anche dalla condivisione delle tue esperienze professionali nel settore. Magari insegnando o offrendo consulenze sui diritti d’autore, sulla contrattualistica o altro; offrendo cioè tutte le tue conoscenze e consigli su come muoversi bene nel vasto mondo della musica, dal settore discografico a quello dell’intrattenimento.

Quante sono le cose, i servizi, che potresti offrire a tuoi colleghi o a giovani musicisti che hai imparato nella tua esperienza artistico/professionale? Prova a farne un elenco, credo rimarrai sorpreso delle competenze che hai acquisito nel corso degli anni e che molti non conoscono o non hanno mai approfondito.


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Instagram personal branding social media social music marketing

La musica e i social media

Impensabile fino a qualche anno fa, il rapporto interpersonale tramite social network è oramai prassi quotidiana per gran parte della popolazione attiva. Discutiamo, condividiamo passioni, ci informiamo, manteniamo contatti personali e professionali attraverso immagini, testi e link. Quanto è importante dunque per un’artista musicale essere presente online?

musica e social media
courtesy pixabay.com

La crisi scatenata dall’epidemia del Covid-19 credo abbia trovato una risposta ampiamente soddisfacente che a questo punto la domanda diventa retorica.

Questo drammatico evento ha messo in luce le differenze tra chi ha saputo costruire un rapporto tramite social con la sua fanbase e chi invece non lo ha fatto, perdendo contatto con il pubblico durante i mesi di clausura.

Voglio essere chiaro, non è che i live sui social, per esempio, abbiano potuto sostituire i concerti dal vivo, ma gli artisti con una fanbase social hanno potuto, nei mesi più difficili, mantenere un contatto stretto con i propri fan preparando le basi per una ripartenza in tempi migliori.

Tramite Facebook, Twitter e sopratutto Instagram, gli artisti musicali più avveduti si raccontano, talvolta si sfogano, spesso dialogano con il pubblico, facendo storytelling sui loro progetti, sui loro gusti e sulla loro quotidianità.

Lo fanno anche appoggiandosi ad un social media manager che confeziona i loro contenuti e pianifica l’esposizione in un vero e proprio progetto di social music marketing che copre le 24 ore della giornata, diventando un vero racconto in cui i valori dell’artista vengono condivisi con il pubblico.

Questo rapporto stretto tra artista musicale e fan, genera circoli virtuosi, in particolare durante i concerti, dove i fan fotografano o registrano l’esibizione. Questi contenuti visuali possono essere condivisi dall’artista nei suoi profili, come segno di stima verso il proprio pubblico amplificando la diffusione del suo messaggio.

Si tratta di un’esperienza mediata, in cui il mix tra online e offline garantisce il successo di una serata. L’artista documenta le sue serate live riprendendo i suoi concerti, i fan invece generano un’enorme quantità di contenuti che di riflesso potranno tornare utili all’artista. In ottica user generated content, i live possono servire per coinvolgere maggiormente i fan e per poter catturare tantissimi consensi e contenuti freschi da utilizzare per la propria strategia social.

Con contenuti opportunamente confezionati e programmati, anche le persone non presenti al live, avranno modo di parteciparvi grazie alle stories dei propri follower, in uno scambio continuo tra offline e online, dove il beneficio ricade sull’artista musicale e sul suo prodotto discografico.

Questo rapporto fondato sull’interazione, la partecipazione del pubblico, devi trattarlo con cura e attenzione. L’ errore è dietro l’angolo: una frase detta male, un passo falso, una dichiarazione sbagliata può metterti in serio imbarazzo, se non crearti veri e propri danni.

Come artista musicale ti è indispensabile lavorare sul tuo personal branding, ovvero gestire in maniera strategica la tua immagine professionale. Nota bene, non si tratta del saper vendere se stessi, ma di partire dalla tua personalità e unicità, dai tuoi punti di forza, per costruire una relazione duratura e a due vie con il tuo pubblico, capace di rafforzare e addirittura, molto spesso, migliorare il tuo essere artista e attrarre nuove opportunità.


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musica streaming Spotify

Tempi duri per le cover

Non mi è riuscito di trovare una conferma ufficiale a questa novità che da qualche mese sta interessando alcune piattaforme di musica streaming. Ma è un dato di fatto che Spotify abbia rifiutato la distribuzione di alcuni album di cover, o di nuove versioni da interpreti originali, in particolare album pubblicati da piccole etichette.

tempi duri per le cover
coutesy pixabay.com

Questo rifiuto non è sistematico, per esempio proprio in questi giorni Tiziano Ferro se ne è uscito con una sua versione della storica Rimmel di Francesco De Gregori, ma è certo che la piattaforma svedese non gradisca trovare nel proprio catalogo qualche decina di versioni della stessa canzone. Stessa cosa vale poi per album di versioni originali pubblicate su licenza.

D’altro canto è comprensibile che prima o poi si dovesse arrivare ad una scelta di questo genere. Nell’epoca dei supporti fisici per le editrici discografiche valeva un paradigma che chiamerò delle Top 200.

In pratica, ogni editore discografico poteva far riferimento ad un roster di 200 canzoni che, in qualsiasi versione venissero realizzate, gli assicuravano una garanzia di vendita perché popolari e amate in ogni latitudine.

Visto dall’Italia, possiamo dire che esisteva un roster Top 200 per la musica italiana e un Top 200 per la musica internazionale. Se anche voi amavate frugare nei cesti degli autogrill alla ricerca di nuove compilation, ora capite perché spesso e volentieri in queste playlist su Cd trovavate più o meno le stesse canzoni.

Questo freno alle cover imposto da Spotify e altre piattaforme va a rompere il paradigma Top 200 costringendo i musicisti, gli autori, gli interpreti e gli editori ad uno sforzo maggiore nel produrre nuovi brani originali.

Purtroppo i criteri con cui viene eseguita questa selezione non sono chiari e conosco casi che hanno penalizzato versioni di alto contenuto artistico e creativo.

Credo che ritornerò ancora su questo argomento perché mi piacciono le cover, in particolare quando gli interpreti riescono con la loro arte a dare una vita nuova ad una canzone che sente il peso del tempo che passa.


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business musica streaming

L’ascolto di musica in streaming è democratico?

In un recente articolo apparso su Rolling Stone dal titolo Lo dicono i numeri: lo streaming funziona solo per 1% degli artisti. La giornalista Emily Blake lamenta di come app come Spotify, che avrebbero dovuto democratizzare l’ascolto musica, abbiano fallito nel loro compito perché di fatto, solo 1% degli artisti monopolizza il 90% degli stream. Il frutto di una analisi di Alpha Data durata un anno, conferma il monopolio delle grandi produzioni discografiche a danno delle piccole o delle produzioni indipendenti.

Spotify non è democratico?
courtesy pixabay.com

Forse non abbiamo avuto una democratizzazione dell’ascolto, ma è certo che la distribuzione della musica in streaming sia oggi il massimo esempio di libertà di espressione artistica. Con queste piattaforme chiunque, e intendo veramente chiunque, con poche decine di euro può rendere disponibili le sue canzoni in ogni angolo del globo: con limiti imposti da filtri tecnici più legati alla qualità del suono che a quella dell’esecuzione o artistici e praticamente con scarsi vincoli di censura; se non è democrazia questa!

In effetti il problema, a mio modesto avviso sta proprio nel chiunque può avere la sua musica in streaming.

Sempre dall’articolo di miss Blake, il CEO di Spotify Daniel Ek ha stimato che ogni giorno vengono caricate sulla piattaforma qualcosa come 40 mila canzoni.

Sono numeri veramente importanti, che però saturano il mercato e molto probabilmente siamo in quella situazione in cui l’offerta di musica è di molto superiore alla richiesta.

La musica distribuita sulle piattaforme di streaming ha favorito il processo di disintermediazione tra artisti ed etichette eliminando il filtro del direttore artistico, cioè la figura che decide se una canzone è degna o meno di essere pubblicata. Nel chiunque può avere la sua musica in streaming ci sono migliaia di produzioni indipendenti, magari di musicisti non professionisti, che oggi possono far conoscere la loro musica al mondo, cosa che gli era negata ai tempi dei supporti digitali.

Aver creduto che nel mondo ci fossero miliardi di ascoltatori curiosi di ascoltare musica nuova e diversa dalle loro abitudini credo sia stata una delle più grosse ingenuità dei nostri tempi. Gli ascoltatori sono per lo più abitudinari e non amano perder tempo alla ricerca di cose nuove, di nuovi orizzonti musicali o nuove praterie sonore. È sempre stato così, sempre così sarà.

Come può allora il musicista professionista far emergere la sua opera in questo caotico oceano di produzioni musicali? È una domanda che ha una risposta semplice: il marketing, in particolare lavorando sul personal branding e poi sul marketing legato alla sua musica, al suo prodotto discografico.

Certo il marketing non può risolvere il problema di un mercato che subisce un eccesso di offerta, ma certo un progetto di marketing ben pianificato e costruito può riuscire a far conoscere l’artista e la sua opera ai fan potenziali.

Ma vedi, le cose stavano così anche prima dello streaming, forse erano anche peggio: quanti sono gli artisti che hanno penato perché continuamente rimbalzati dalle case discografiche? Quante sono le belle canzoni che non hanno avuto un riscontro immediato di pubblico perché non distribuite adeguatamente o sui canali giusti?

Oggi qualsiasi musicista ha la possibilità di confrontarsi direttamente con il pubblico senza filtri e senza intermediazioni. E il pubblico, potenzialmente, ha la possibilità di ascoltare qualsiasi cosa venga prodotta sul nostro pianeta. Non è forse democrazia questa?


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La vittoria di Pirro del vinile

È notizia di questi giorni che negli Stati Uniti, dopo 34 anni, la vendita di dischi in vinile supera quella dei più moderni CD, un contro sorpasso che, nella sostanza, non cambia lo scenario del mercato discografico. Ma vediamo un po’ di numeri.

Il vinile sorpassa il CD
courtesy pixabay.com

Nell’ultimo rapporto della RIAA, Recording Industry Association of America, certifica che nei primi mesi primi sei mesi del 2020 il vinile ha fatturato 232,1 milioni di dollari a fronte dei soli 129,9 milioni di dollari incassati dai CD.

Ma prima di cantar vittoria, bisogna considerare che le vendite di supporti fisici sono diminuite complessivamente del 23% nella prima metà di quest’anno. Il sorpasso del vinile è dovuto al crollo di vendite di CD sceso del 48%, mentre le vendite dei vinili hanno iniziato a salire.

Nel dettaglio, il totale dei ricavi nella prima metà dell’anno, 376 milioni di dollari, il 62% di questi è derivato dalle vendite di vinili, 232 milioni di dollari. I CD si sono portati a casa soli 120 milioni di dollari. In questo contesto, sebbene le vendite digitali siano diminuite del 22%, per un totale di 351 milioni di dollari, bisogna tener presente che il vinile gode solo del 4% del mercato della musica registrata.

A dominare resta lo streaming musicale, il cui valore del mercato digitale cresce del 12%, rappresentando l’85% delle entrate totali per le case discografiche. Da notare anche che gli abbonamenti ai servizi di streaming a pagamento sono aumentati del 24%.

Queste cifre, se non altro confermano che il consumo di musica è irreversibilmente orientato verso lo streaming, ma che esiste anche l’interessante nicchia degli amanti del vinile, un pubblico esigente che ama supporti di qualità, ben registrati e con un packaging memorabile.

Un esempio di come il vinile non sia da sottovalutare è l’ultimo lavoro di Roberto Vecchioni, l’album L’infinito del 2018, che con le sue 30.000 copie vendute e l’assenza sulle piattaforme di streaming ha scommesso su un pubblico selezionato, ma l’ha fatto con un’operazione commerciale ben costruita e pianificata.

Leggi il report della RIAA in pdf


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Conoscere le regole del gioco è fondamentale per vivere di musica.
Con un tono semplice e colloquiale, questo libro prende per mano il creativo in campo musicale e lo accompagna in un viaggio tra le tante questioni che deve affrontare oggi: dalla conoscenza dei diritti d’autore e connessi, all’esame delle figure professionali e dei contratti più comuni, dai fondamenti di marketing e a come promuoversi, alla distribuzione digitale e alla concreta realizzazione dei propri profili, fino all’illustrazione dei nuovi mestieri della musica che possono contribuire a dare sussistenza al creativo, realizzando così di fatto il sogno di “vivere di musica”. Non manca uno sguardo sul futuro: NFT e blockchain, intelligenza artificiale e realtà aumentata e nuovi scenari.
I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
Insomma, un bel viaggio, adatto chiunque sia appassionato di musica e voglia trasformarla in un mestiere, oppure a quei professionisti del settore che desiderino consolidare o mettere a fuoco le regole del business e del marketing musicale.
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L’ One Sheet è indispensabile per un musicista

Negli ultimi due post ho trattato in generale e in termini piuttosto disincantati di come è cambiato negli anni il rapporto tra il musicista e le case discografiche. Se sei a corto di informazioni in merito te li consiglio.

L’evoluzione discografica: così va il mondo, baby!
L’evoluzione discografica: un cambio di visione.

Su questa pagina però vorrei suggerirti uno strumento professionale indispensabile per distinguerti nel mercato musicale e discografico che oggi più di ieri è molto competitivo e veloce.

One Sheet per musicisti
courtesy pixabay.com

Un’immagine chiara, seria e professionale è il primo passo passo per attirare l’attenzione del tuo interlocutore, sia nel caso che tu stia cercando un etichetta per il tuo album o che tu stia cercando una scuola di musica dove fare lezioni, ma anche per lasciare del materiale utile a media, agenti di booking o talent scout. Tutto questo possiamo ottenerlo curando e presentando un One Sheet costantemente aggiornato e graficamente accattivante.

L’ One Sheet è lo strumento primario di cui devi dotarti per far conoscere la tua musica, la tua figura artistica o la tua band, ma che cos’è?

Come puoi ben intuire dal nome anglofono è un’unica pagina riassuntiva [una sola!] dove viene rappresentata la tua band e/o la tua musica. Questa pagina deve essere sintetica ma deve trasmettere qualcosa di te o della tua band con una veste grafica pulita ma coinvolgente.

Devi tener ben presente che l’ One Sheet è un foglio informativo, non pubblicitario, è destinato ad un pubblico di tecnici del settore: media, canali radio, store, agenti, distributori e altri professionisti del settore; è uno strumento fondamentale per i membri della stampa, i direttori dei programmi radiofonici, gli agenti di booking e talent scout; utile per apprendere informazioni rapidamente sul tuo progetto o per determinare quanto la tua band sia vendibile ai loro clienti o audience. Nello scrivere i testi dovrai essere accattivante, certo, mantenendo però solida e chiara la tua immagine e illustrando le qualità e i contenuti della tua musica.

Devi anche sapere che l’ One Sheet non serve solo al musicista/band alla ricerca di un ingaggio discografico, ma si rivela utile per ogni musicista, cantante, cantautore che vuol proporsi sul mercato professionistico: presso uno studio di registrazione, in una scuola di musica, per sessioni dal vivo o in tour. L’ One Sheet è una sorta di curriculum sintetico che deve raccogliere tutta la tua figura professionale e artistica.

Ma cosa va scritto e come va organizzato un One Sheet? Ecco cosa deve contenere:

BREVE BIOGRAFIA

Nella biografia, che deve essere sintetica, devi comunque già mettere degli elementi che ti differenziano da altri musicisti o autori, mettendo in luce le tue caratteristiche e dando una motivazione forte del perché meriti attenzione. Dovrai andar cauto con i superlativi, per esempio invece di scrivere il nostro suono è unico nel suo genere e molto più corretto un lavoriamo molto sulla ricerca delle sonorità. Evita giudizi di merito sul tuo lavoro, ma trova il modo di far risaltare i tuoi punti di forza. Concentrati sulle storie, sui dettagli della tua musica che davvero non potrebbero esser raccontati da nessun altro; usa aggettivi che possano descrivere la tua musica in modo profondo e specifico.

FOTOGRAFIA

Includi una fotografia professionale. L’occhio vuole la sua parte e la fotografia deve essere in sintonia con il tuo personaggio artistico e la tua musica. Gli scatti fatti in un live o in sala prove sono caldamente sconsigliati. Anzi, tolgo ogni dubbio, sono severamente vietati.

PUNTI DI FORZA

Tieni presente che devi essere attrattivo e mettere in luce la tua motivazione a perseguire la professione di musicista, devi dare a chi ti legge un buon motivo per prestarti attenzione. Il modo migliore è dimostrare di avere fan e altri professionisti che ti prendono sul serio, perciò dovresti specificare se:
Hai suonato a dei festival?
Hai suonato con band conosciute?
Hai registrato con un produttore affermato?
Hai un buon seguito sui social?
Hai delle recensioni o commenti che potrebbero influenzare i destinatari del tuo “one-sheet”?
In breve, dovresti includere qualsiasi cosa che possa conferire credibilità professionale.

ALBUM, EP O SINGOLO

Se hai delle pubblicazioni tue, anche autoprodotte, o se hai partecipato in qualche registrazione, includi le informazioni a riguardo, cose come titolo, UPC, data di uscita, copertina, specificando il tuo ruolo come musicista. Stessa cosa vale se hai una pubblicazione di prossima uscita. Se poi hai dei comunicati stampa o delle recensioni a riguardo, inserisci i tre migliori commenti citando la fonte.

TOUR

Se hai un tour programmato o in corso, riporta tutte le prossime date. Ti serve per dimostrare di essere un musicista attivo e dare un’idea del livello delle tue esibizioni e della tua platea potenziale. Se non hai date da mettere in rilievo, limitati a segnalare l’area geografica dove sei maggiormente attivo nei live.

Una cosa importante che non devi assolutamente dimenticare è di tenere il tuo One Sheet costantemente aggiornato. Non c’è niente di più fastidioso e sciatto ricevere una scheda artistica datata o con eventi già superati dal calendario.

Se ancora non hai un One Sheet comincia a raccogliere e organizzare tutte le informazioni necessarie che abbiamo visto. Se dal punto di vista grafico e di esposizioni dei contenuti ti senti incerto, posso sicuramente aiutarti, non esitare a contattarmi.


Business e Marketing della Musica: Tutto quello che musicisti, autori, manager, produttori ed editori devono sapere per vivere di musica

di Massimiliano Titi
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Conoscere le regole del gioco è fondamentale per vivere di musica.
Con un tono semplice e colloquiale, questo libro prende per mano il creativo in campo musicale e lo accompagna in un viaggio tra le tante questioni che deve affrontare oggi: dalla conoscenza dei diritti d’autore e connessi, all’esame delle figure professionali e dei contratti più comuni, dai fondamenti di marketing e a come promuoversi, alla distribuzione digitale e alla concreta realizzazione dei propri profili, fino all’illustrazione dei nuovi mestieri della musica che possono contribuire a dare sussistenza al creativo, realizzando così di fatto il sogno di “vivere di musica”. Non manca uno sguardo sul futuro: NFT e blockchain, intelligenza artificiale e realtà aumentata e nuovi scenari.
I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
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L’evoluzione discografica: un cambio di visione.

Quanti sono i musicisti emergenti che hanno come meta la firma di un contratto discografico? Oggi sembra piuttosto facile, ma la realtà non è tutta rose e fiori: il mercato discografico è quello di sempre, un campo minato ricco di insidie che richiede all’artista una giusta cautela, ovvero il saper compiere i passi giusti al momento giusto. Il rischio è quello di utilizzare male un’occasione e magari di buttar via un buon pezzo.

Com'è cambiata l'industria discografica?
courtesy pixabay.com

Prima di potersi proporre sul mercato, un artista o una band devono avere un’idea molto chiara del pubblico al quale si rivolgono. I tempi in cui una produzione discografica poteva essere il mezzo per esplorare il mercato e trovare i propri fan sono finiti, questa è la realtà. Oggi, prima di ogni cosa, è necessario avere già un pubblico di riferimento per poter investire cifre importanti in una produzione discografica. Non sto parlando solo della registrazione dell’album, ma anche e soprattutto del marketing che andrà ad accompagnare il disco, packaging compreso.

Come accennavo, non sempre è stato così. Un tempo gli artisti venivano coltivati dai manager delle etichette, venivano seguiti e fatti crescere con le opportune strategie.

Negli anni ’60 o ’70, ad esempio, una produzione sceglieva un artista con l’obiettivo di aiutarlo a raggiungere una sua dimensione artistica e una chiara identità musicale tramite il suo suono, i suoi testi e il suo pubblico. Solo dopo aver raggiunto questo obiettivo l’artista era pronto per la commercializzazione della sua musica e per un più ampio successo di pubblico. Una volta identificato il mercato tramite i potenti mezzi di una casa di produzione, l’artista ormai professionalmente maturo poteva ampliare e solidificare la propria audience. Questo significava anche avere l’opportunità di lavorare in stretta collaborazione artistica e personale con professionisti di alto livello, un’esperienza che poteva permettere di raggiungere livelli tecnico e artistici elevatissimi, se si era un bravo musicista.

Nell’epoca dello streaming le cose sono cambiate, per non dire invertite. Oggi un’etichetta discografica non investe su un artista perché ha potenzialità di successo, ma investe su un artista perché ha già una sua fanbase e ha la possibilità immediata di monetizzare il suo successo. Se prima si trattava di investire su un potenziale, ora si tratta di partecipare al profitto di un capitale umano pronto a portare frutti.

Questo comporta che un artista o una band, se vogliono diventare appetibili per un investimento, devono già possedere un seguito, di pubblico ai concerti e/o di followers in rete, ma nel contempo avere anche una chiara identità musicale. E’ un dato di fatto che nella psicologia della produzione moderna un buon investimento è quello che produce reddito dal primo giorno. Costruirsi un proprio pubblico locale, una fanbase solida e affiatata è il primo passo che un musicista deve fare per iniziare il percorso che lo porterà al contratto con un’etichetta discografica.

Per farlo, partire da concerti presso un circolo di quartiere o in un contest tra gruppi emergenti, non è certo un’idea da sottovalutare. Si tratta comunque di trovare i luoghi più adatti per costruire nel tempo una fanbase fidelizzata, grazie all’interazione e al coinvolgimento diretto e personale tra musicisti e pubblico.


La mucca viola. Farsi notare (e fare fortuna) in un mondo tutto marrone

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La mucca viola è il libro che ha consacrato Seth Godin come uno degli autori business più amati e ha lanciato un movimento globale che ha ridefinito le basi del marketing. Il solito marketing e i grandi investimenti sui media tradizionali non funzionano più. Oggi il marketing comincia dall’idea del prodotto, che deve essere straordinario, diverso, innovativo per poter catturare l’attenzione dei clienti e far parlare spontaneamente di sé. È questo elemento di magia e unicità a far sì che realtà come Apple, Google, Ikea, Starbucks o la bottega del macellaio toscano Dario Cecchini continuino a macinare successi, mentre grandi industrie affermate arrancano e non riescono a stare al passo.
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