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YouTube e le royalties

Sappiamo che Youtube può rivelarsi molto redditizia per un artista musicista, in termini generali è seconda solo a Spotify, con il piccolo vantaggio che l’artista può guadagnare sia dalla musica sia dal video quando entrambi sono esclusivi e di proprietà: per questo l’uso di video royalty free è sconsigliato, in quanto potrebbe generare conflitti di proprietà.

Youtube e le royalties
courtesy by pixabay.com

Su YouTube vengono generate royalties per la componente video, le registrazioni audio e le composizioni attraverso le entrate pubblicitarie, sulla base delle rivendicazioni dei titolari dei diritti che controllano i contenuti del video. Inoltre, YouTube riconosce royalties meccaniche e di performance per i cantautori e qualsiasi video che contiene una canzone, anche il video di una cover o di un’esibizione dal vivo, può essere monetizzato dagli editori.

In qualità di cantautore, nel senso esteso di interprete, autore o entrambi, hai il diritto di monetizzare e raccogliere royalties da qualsiasi utilizzo delle tue canzoni.

Gli editori possono rivendicare qualsiasi video su YouTube su qualsiasi canale che contenga musica controllata da loro e dai loro autori, indipendentemente dal fatto che il video contenga una registrazione ufficiale, un’esibizione dal vivo, una versione di copertina, ecc., indipendentemente dal fatto che tu abbia caricato o meno il video. Una volta che il tuo editore o distributore ha una rivendicazione su un video, può decidere di monetizzare quel video raccogliendone le royalties sempre che il video abbia i requisiti richiesti per essere monetizzato.

Sappiamo che le canzoni guadagnano royalties in due modi: dalla registrazione principale, il file audio effettivo, e dalla composizione, musica e testi sottostanti. La maggior parte delle etichette discografiche e dei distributori controllano solo le registrazioni principali, pertanto raccolgono solo le royalties generate dalla registrazione principale su YouTube.

In qualità di cantautore, ti sono anche dovute le royalties generate dalla composizione e potresti non riceverle da YouTube tramite la tua etichetta o distributore. Per recuperare queste royalties dovrai rivolgerti ad una società di collecting che ne curi la raccolta.

Devi tener comunque presente che i video su YouTube non generano royalties finché non viene pubblicato un annuncio su di essi. Le royalties su YouTube sono in pratica una parte delle entrate pubblicitarie. Gli annunci vengono pubblicati sui video solo da un titolare del copyright (un’etichetta, un editore e così via) che presenta una rivendicazione su un video e indica a YouTube di monetizzare quel video.

Un video su YouTube che non ha una pubblicità prima, durante, dopo o nella pagina, non sta generando alcuna royalties per i titolari dei diritti del contenuto. Questo non vale per i canali di contenuti a pagamento come YouTube Red e YouTube Music che generano regolarmente royalties  dalla visualizzazione dei video.

I tassi di royalty anche su YouTube restano il punto dolente perché dipendono da molti fattori difficilmente decifrabili. Le tariffe dipendono dal tipo di annuncio offerto sul video, dal territorio in cui è avvenuta la visualizzazione, dal periodo dell’anno, dalla piattaforma YouTube, a pagamento o meno, e da molti altri fattori. Per questo motivo, è molto difficile stimare quanto guadagnerà un video in entrate pubblicitarie.

Al fine di tutelare gli artisti e i titolari dei diritti audio video, Il canale di Google ha creato un sistema, ancora imperfetto ma comunque ampiamente collaudato, di avvertimenti sul copyright che può incidere negativamente sul canale che ha caricato il video.

Un canale YouTube riceve un avvertimento sul copyright quando un titolare dei diritti notifica formalmente a YouTube che l’autore del caricamento non è autorizzato a pubblicare i contenuti in un video e invia una richiesta legale per rimuovere il video da quel canale.

YouTube prende molto sul serio questi avvertimenti sul copyright; dopo tre avvertimenti, tutti i video su un canale vengono rimossi e il canale è soggetto a chiusura.

Devi comunque sapere che se un uploader usa una tua canzone, per esempio come base per il suo video delle vacanze, grazie al YouTube Audio Fingerprint il social media di Google riconosce il brano e ti destina le eventuali royalties tramite il tuo distributore o editore.

Dal febbraio 2018, YouTube ha deciso di porre delle soglie per la monetizzazione dei video. Ciò include che i video devono essere su un canale che ha almeno 1.000 iscritti e 4.000 ore di visualizzazione negli ultimi 12 mesi per essere idonei a inserire annunci sui tuoi video e quindi essere monetizzati.

Raggiungere questi risultati come creatore indipendente non è proprio facilissimo e richiede tempo e costanza. Per questo, se hai un editore, è preferibile pubblicare i tuoi video sul canale ufficiale dell’ etichetta che, se non è appena nata, avrà sicuramente un canale YouTube ben frequentato e abilitato a monetizzare.

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Le persone sono semplici da comprendere: vogliono essere ascoltate, gratificate e apprezzate. Possiamo identificare il principio di qualsiasi attività di marketing in una semplice domanda: “Dimmi chi sei”. Un quesito che bisogna rivolgere prima a se stessi, per mettere a fuoco la propria identità, e poi al pubblico che si vuole ottenere. “Dimmi chi sei” è la domanda chiave che permette di entrare in contatto con la propria audience e che permetterà di sviluppare una narrazione che parli del proprio pubblico. In questo libro Riccardo Scandellari, esperto di marketing e personal branding, invita a rivolgersi verso un tipo di marketing più umano, etico e concreto. Una scelta che permette di distinguersi nettamente dalla folla di concorrenti e improvvisati che sul web fanno a gara a chi urla più forte, per parlare con il pubblico (ma soprattutto ascoltarlo) in modo più onesto, catturarne l’attenzione e conquistarlo con l’impegno, la condivisione e la relazione.
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musica streaming Spotify

5 modi per diventare amico di BaRT

BaRT è il tuo miglior amico ma è anche il tuo peggior nemico. Nessuno è più cinico e spietato di BaRT, è freddo, calcolatore e incorruttibile. Però è uno che cede alle lusinghe se sai come prenderlo, in pratica ha i suoi punti deboli, nonostante la sua fredda intelligenza calcolatrice.

Ma chi è BaRT?

Bart è l'algoritmo di ricerca base di Spotify
courtesy by pixabay.com

BaRT è l’acronimo di Bandits for Recommendations as Treatments ed è l’algoritmo che domina incontrastato sull’ecosistema di Spotify. È il Demiurgo, il Re del Mondo che propone all’ascoltatore i brani più adatti ai suoi gusti, è il trait d’union tra te e il tuo pubblico su Spotify.

BaRT combina diversi sistemi per creare un potente motore di scoperta di nuova musica. Lo fa monitorando e analizzando lo storico degli ascolti di ogni ascoltatore cercando di capire le sue motivazioni nelle scelte musicali.

È BaRT che crea le playlist algoritmiche, che ogni settimana ti propone la Discover Weekly e la Release Radar, solo per citare le due principali.

Ho raccolto in giro un po’ di informazioni,  ed ora provo ad  illustrarti con che logica ragiona BaRT e in quali modi puoi renderlo tuo amico. Confido che questo post possa esserti d’aiuto e comunque darti un orientamento corretto nell’ecosistema dell’app streaming svedese.

Sappiamo che BaRT si muove su due linee principali: la prima è quella di suggerire brani con cui l’ascoltatore ha già familiarità; la seconda è quella di proporgli musica nuova, che ancora non conosce ma che potrebbe piacergli.

Le scelte di BaRT sono basate sui risultati di questi parametri:
Raw Audio Analyzation: un parametro che identifica il mood dell’audio e l’atmosfera del pezzo, determinando se è pesante, strumentale, ritmata o morbida ecc…
Elaborazione del linguaggio naturale: ovvero analizza il contenuto, la lingua e il testo della canzone.
Filtro collaborativo: confronta le nuove tracce con le abitudini attuali dell’ascoltatore per determinare cosa si adatta alle sue preferenze.

Conoscendo queste tre abitudini di BaRT, è condivisa l’opinione che per muoversi con profitto nell’ecosistema di Spotify sia necessario trovare una saggia applicazione di questi 5 metodi che, messi insieme, sono un valido mezzo per farsi amico BaRT.

1. Le Statistiche

L’ecosistema Spotify è basato sulle statistiche, è una giungla di statistiche, in cui ogni dato viene pesato e valutato per dare all’ascoltatore la migliore esperienza musicale basata sui gusti personali.

BaRT si nutre di statistiche e le studia con cura quando decide le tracce da suggerire: si studia gli skip dell’ascoltatore, le caratteristiche delle sue playlist, i tempi di ascolto e anche la cronologia degli ascolti. BaRT tiene molto in considerazione brani che superano i primi 30 secondi di ascolto ed hanno una bassa frequenza di skip. Sono due dati che indicano l’indice di gradimento del brano.

Per questo l’analisi delle statistiche che ti vengono offerte in Spotify for Artist per te è fondamentale. Studiandola, puoi capire, al di là del numero degli ascolti, il reale gradimento della tua traccia e a quale tipo di pubblico piace.

2. Il Tempismo

Le prime 12, 24 ore dopo l’uscita della tua canzone sono cruciali per la sua diffusione o, come dicono i più entusiasti, per il tuo successo.
I tempi di ascolto, i picchi negli ascoltatori e la bassa frequenza di skip sono estremamente importanti in questo lasso di tempo e nei giorni successivi. Come su YouTube, anche su Spotify il tempismo è un fattore fondamentale. Devi attirare l’attenzione dei tuoi follower in modo che possano salvare e ascoltare la tua canzone il primo giorno.

Prima di decidere la data di uscita, dovresti anche fare un’indagine di mercato per evitare di entrare in competizione con i grandi artisti: BaRT adora i grandi artisti dai grandi numeri, finirebbe per ignorarti. In pratica, devi studiare le preferenze dei tuoi follower in modo di non pubblicare negli stessi giorni i cui escono i loro big preferiti. è una sfida che hai poche possibilità di vincere.

Resta il fatto che il venerdì è il giorno migliore per pubblicare perché se sfrutti con vantaggio le prime 24 ore promuovendo la tua release potresti ritrovarla già dal lunedì successivo nelle playlist algoritmiche di punta come Best of the Week, New Music Friday, Discover Weekly o Release Radar.

3. L’importanza dei tag

BaRT ha bisogno di tutte le informazioni possibili riguardo la tua traccia, per capire dove potrebbe collocarla nella piattaforma e capire a chi può piacere. I metatag che indicano il genere musicale e il mood sono i primi ad esser presi in considerazione.

Devi prestare molta attenzione nel compilarli perché se indichi dei dati sbagliati e BaRT indirizzerà la tua musica verso un pubblico non adatto e le performance del brano non saranno buone. E questo porterà una penalizzazione al tuo brano, in termini di visibilità.

4. Ottimizza il tuo profilo

Una cosa che talvolta ho l’impressione non sia stata ben capita da molti artisti musicali è che Spotify è un social media. Come ogni social media, utilizza una grande quantità di dati utente per fornire agli ascoltatori ciò che desiderano. Senza un’adeguato numero di follower, BaRT fatica a collocare con criterio le tue produzioni musicali.

E’ perciò importante creare un profilo artista forte, ricco di follower. Direi che è più importante avere una base ampia di follower, gli ascolti arriveranno di conseguenza, fermo restando che la qualità del tuo lavoro artistico deve essere alta.

Raccogli follower invitandoli a iscriversi alla tua pagina artista sfruttando altri social e con ogni mezzo possibili. Alcuni consigliano di diffondere il link della pagina, invece del link al brano, quando si pubblica un nuovo pezzo.

Naturalmente devi anche mantenere in ordine e aggiornata la tua pagina artista. Devi assicurarti di aggiornare le foto e magari aggiornare la grafica ad ogni nuova uscita; includere le date dei tuoi prossimi concerti, immagini, merchandising, link social e biografia aggiornata.

5. Pre-Save

Per BaRT i Pre-Save sono molto utili per collocare il tuo brano già dopo le prime ore di uscita. Diffondere il link di Pre-Save e diffonderlo, al fine di raccogliere già da subito un pubblico interessato al brano, è strategicamente fondamentale per partire con il piede giusto al momento dell’uscita del pezzo.

Questi 5 passaggi sono noti e testati da chi ha fatto di Spotify la piattaforma principe per la diffusione della sua musica. Come vedi richiedono un certo impegno ed una certa attenzione. E’ un lavoro che dopo aver svolto va anche valutato nei risultati per poter correggere il tiro, in futuro, se ritieni che qualcosa non ha funzionato come avrebbe dovuto.

L’algoritmo BaRT è cinico ed esigente, ma se riesci ad accogliere le sue richieste al meglio, diventerà il miglior alleato della tua musica.

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business personal branding social media

Chi non c’è non ci sarà.

La chiusura delle sale e dei teatri, dei ristoranti dei locali sta costando molto, forse anche troppo all’universo dell’industria musicale. In questo contesto gli artisti musicisti sono tra i professionisti, delle varie categorie nel settore, che hanno maggiori probabilità di mitigare gli effetti della crisi e di prepararsi al ritorno alla normalità. Quello che appare come un periodo di sosta forzata è in realtà percorso da un movimento sotterraneo di cui vedremo i risultati appena si allargheranno le imposizioni dei divieti.

I social come surrogato dei live
courtesy pixabay.com

Quello di cui si sente più urgenza in questo momento è il ripristino di un contatto diretto con il pubblico, quel l’interazione che in tempi normali si ottiene con i concerti dal vivo e che ora non è possibile.

Il problema che si sta creando per molti artisti musicali è che questa mancanza di contatto, di presenza, nuoce alla loro visibilità e notorietà, che nella musica sono due caratteristiche che vanno coltivate e curate. Per sua natura il pubblico è volubile ed affamato, farsi desiderare non sempre è la scelta giusta.

Ma per fortuna siamo nell’era dei social e della condivisione video e l’artista musicale può sopperire alla mancanza dei concerti dal vivo con le esibizioni on line. Non parlo solo delle esibizioni domestiche, molto apprezzate dai fan più stretti, mi riferisco anche a partecipazioni in trasmissioni televisive o radiofoniche, qualsiasi esse siano (nei limiti della decenza, ovviamente). In questi mesi molti big della musica ne hanno approfittato per promuoversi anche fuori contesto, perché non potrebbe farlo anche un artista emergente?

La presenza in video sui social, nelle televisioni, in radio, piccole o grandi che siano, sono i mezzi con cui surrogare la mancanza del contatto diretto. Se questi sono accompagnati con un contatto tramite social, rispondendo ai commenti dei fan, per esempio, il rapporto può essere costruito quasi a livello personale.

Non puoi sparire dalla scena per mesi pensando che il mondo aspetti che tutto ritorni normale.

Sotto la superficie la vita continua e si evolve, senza contare il fatto che, solitamente, dopo crisi di grandi proporzioni come questa, la ripartenza è brusca e veloce e normalmente ricca di sorprese e novità. Non mi stupirebbe infatti scoprire nei prossimi mesi la nascita di nuovi stili o generi musicali. Ne sono così certo che potrei pure scommetterci sopra.

Prepararsi per la ripartenza, significa anche valorizzare e coltivare la propria immagine artistica e la propria popolarità in questi tempi difficili. E’ la semina che raccoglierai quando arriverà la prossima, imminente, stagione del raccolto.

Per questo devi esserci, ora.

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Le 42 leggi universali del digital carisma: La fusione tra vita digitale e reale è il futuro della comunicazione

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Si è sempre erroneamente sostenuto che la vita reale e la vita digitale siano distinte, generando errori semantici più volte perpetrati dai media quali “il popolo della Rete”, come se offline il popolo fosse un altro! La verità è diversa: la vita reale e la vita digitale sono due facce della stessa medaglia, anzi sono la stessa faccia della stessa medaglia, ormai talmente fuse in un unico plasma che si potrebbero immaginare come due liquidi di diverso colore lasciati liberi di miscelarsi in un nuovo cromatismo, non più separati ma uniti, amalgamati. Si è sempre parlato di personal branding abbinato alla personalità online e di carisma associato a una tipologia di personalità offline ma, se on e off sono saldati, allora lo saranno anche personal branding e carisma. Il carisma è qualcosa che può essere coltivato anche in ambito digital ovvero anche in non-presenza, dove non occorre la fisicità. Sì, per la prima volta nella storia siamo di fronte a un nuovo modo di approcciarci alla realtà: attraverso la vita reale (VR) e la vita digitale (VD).
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social media

Su Facebook valgono i contenuti originali

La facilità offerta da Facebook di comunicare, di creare una community e di interagire con una moltitudine di persone a distanza, è nota ed è entrata nel nostro quotidiano come l’appuntamento con il Tg delle 20.00.

Su Facebook valgono contenuti originali
courtesy pixabay.com

Non a caso Facebook nasce come piattaforma di intrattenimento, permettendo alle persone di rimanere in contatto con amici e conoscenti e questa resta la sua mission principale; é anche il motivo per cui in questo 2020 ha goduto di una media di 2,60 miliardi di utenti al mese.

Resta il fatto che per invogliare a mettere anche un semplice mi piace è necessario postare contenuti interessanti e coinvolgenti con una certa regolarità, al fine di creare engagement e acquistare un pubblico attivo che ci segua e interagisca con commenti e condivisioni.

Non trovo superfluo ricordarti che Facebook vive di pubblicità e per guadagnare ha bisogno che i suoi iscritti clicchino sugli annunci. Per ottenere questo, il social blu fa di tutto per tenere gli utenti dentro le sue pagine, lo fa offrendo una vasta serie di opzioni capaci di soddisfare diverse esigenze, ma sopra ogni altra cosa penalizzando la visibilità di tutti quei post che inviano verso siti esterni, come ad esempio i video di YouTube, le playlist di Spotify e ogni genere di link ad altri siti.

Ad essere premiati, in termini di diffusione e quindi di visibilità sono al contrario tutti i contenuti pubblicati direttamente su Facebook, sia che si tratti di testo, foto o video. Questa è la cosa di cui devi tener conto quando pubblichi qualcosa sulla tua pagina artista.

Creare contenuti originali e interessanti con una certa costanza e mantenere attiva l’attenzione degli utenti sulla tua musica e sulla tua attività di musicista può non sembrare facile, ma è un passaggio necessario se vuoi allargare il tuo pubblico e far conoscere la tua attività.

Tenendo conto che, ormai da qualche mese, Facebook favorisce la visibilità dei contenuti fra amici a scapito della visibilità dei contenuti delle pagine, video e meme, puoi ben capire che una strategia attenta di pubblicazione può fare la differenza. Scegliere cosa e quando pubblicare un post è perciò molto importante se non vuoi che la tua presenza sui social sia semplicemente tempo perso.

Capisci anche che la condivisione diretta di un link al tuo video YouTube o a un tuo brano su Spotify, può non avere molta efficacia, così come perde di efficacia la condivisione verso un sito dove c’è una recensione del tuo ultimo lavoro musicale o di un tuo concerto.

Resta comunque vero, che a volte condividere articoli o post interessanti può essere un ottimo modo per informare e incuriosire chi ci segue, ma la loro importanza, in termini di visibilità, è molto ridimensionata.

Nei contenuti della tua pagina Facebook, nei tuoi post, potresti raccontare la tua professione di musicista e, se pubblichi musica, raccontare l’ispirazione e il modo in cui nascono le tue canzoni.

Post dopo post puoi anche aggiungere le informazioni su dove trovare la tua musica o le date del tuo tour, ma queste, che sono informazioni pubblicitarie, sortiranno il loro effetto solo se avrai saputo attrarre ed incuriosire i tuoi fan (nuovi e storici).

Puoi farlo con post che combinano testo e foto, oppure puoi farlo con dei video, magari in diretta live e interagendo con chi ti segue. Scegli il metodo che ti è più congeniale. L’importante è di riuscire a trovare una metrica, uno stile che ti contraddistingua e che calzi a pennello su quella che è la tua figura pubblica.

Se ancora non hai ben focalizzato che tipo di contenuti utili pubblicare su Facebook, ti invito a leggere questo post che certamente potrà esserti d’aiuto: Perché Un Musicista Dovrebbe Raccontarsi.

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social media You Tube

Come caricare (bene) un video musicale su YouTube

In termini di traffico YouTube, per quanto riguarda la musica, è secondo solo a Spotify, in questo contesto i video musicali e le relative playlist offrono opportunità da non sottovalutare per un artista musicale.

Come caricare correttamente un video su YouTube
courtesy by pixabay.com

Che ci sia una lotta per il primato tra YouTube e Spotify è dimostrato dal fatto che la piattaforma video abbia deciso di creare il canale You Tube Music per certi versi simile a Spotify.

In realtà tra le due piattaforme ci sono differenze che vanno oltre al tipo di media che ospitano: una è specializzata nell’audio, l’altra nel video. La più evidente sta nel fatto che YouTube è tutt’ora uno dei campioni del web 2.0 dove i contenuti sono creati e condivisi direttamente dagli utenti con una libertà d’azione e di possibilità di gestione eccezionale.

La seconda differenza sostanziale è che YouTube ha un motore di ricerca algoritmico molto più preciso ed efficiente rispetto a quello di Spotify: d’altra parte, gli sviluppatori di YouTube ha fatto tesoro dell’esperienza di Google.

Un motore di ricerca così preciso funziona bene perché è capace di utilizzare importanti quantità di dati; sono i dati che l’utente stesso immette sulla piattaforma al momento del caricamento del video. Per questo caricare un video su YouTube è un’operazione che va curata in ogni minimo dettaglio.

Il titolo del video musicale

In genere, il titolo musicale è composto da due elementi: titolo della canzone e l’interprete. Nel caso di un artista musicale emergente io consiglio sempre di anteporre il titolo del brano a quello dell’interprete, se il brano appartiene ad un album o un EP di aggiungere anche il titolo dell’opera e, se non sono troppi caratteri, di specificare anche il genere musicale. Per esempio: Titolo Brano Nome Artista – Titolo Album – Genere.

Descrizione

Il campo descrizione con i suoi 5000 caratteri offre un mare di possibilità per invitare alla visualizzazione del video, ma soprattutto per far conoscere la propria musica.

E’ cosa buona mettere una breve descrizione del brano e di cosa racconta, specificando se appartiene ad un album o è un singolo, a seguire io metterei anche una breve descrizione dell’interprete o della band.

Come è importante mettere i link verso altre fonti dove trovare il brano, come Spotify, iTunes, ecc… stessa cosa vale per i link verso i social dell’interprete: Sito, Facebook, ecc…

Non avere paura di scrivere informazioni in questo campo. Mi dirai: -Ma tanto laggente non legge!- Può essere, ma se esiste una persona che vuol approfondire la conoscenza tua e della tua musica, vuoi perdere questa occasione?

Playlist

Le playlist su YouTube sono importanti come lo sono su Spotify. Nel tuo canale organizza tutti i tuoi video in playlist, magari crea una playlist dove raccogli i singoli e sicuramente una playlist per ogni album che pubblichi.

Mi stai dicendo che non hai un video per ogni brano pubblicato?

Poco male, in genere molti distributori come The Orchard, Believe o Distrokid, generano in automatico un video su YouTube utilizzando la copertina della pubblicazione. Raccogli questi video in una playlist e arricchiscila con il tuo video ufficiale.

Tag

I tag sono il cuore del motore di ricerca YouTube. Li trovo spesso compilati malamente e senza criterio ed è un vero peccato perché sono la base per una corretta diffusione del video. Anche l’ordine di inserimento dei tag ha la sua importanza, per questo, indispensabili vanno messi: Nome Artista, Titolo Brano, Titolo Album, Etichetta; a seguire si può continuare con il genere musicale e i sottogeneri ai quali il brano appartiene; buona cosa è anche inserire nomi di artisti famosi dello stesso genere musicale o affini al brano stesso.

In pratica, l’inserimento dei tag dovrebbe iniziare con quelli più specifici sul brano per andare a quelli più generici riguardanti il genere e il mood.

Lingua del Video e Sottotitoli

Se il tuo brano è una canzone, specifica la lingua e sarebbe anche cosa buona mettere i sottotitoli, dato che anche questi vengono scansionati dagli algoritmi di ricerca.

Le Schede e la Schermata Finale

Sono dei plug in creati da YouTube per aiutare gli utenti a concretizzare i risultati delle visite al video, sfruttali. In particolare la schermata finale è utile per raccogliere nuove iscrizioni e mantenere il visitatore nel proprio canale suggerendo un nuovo video da guardare. Molti lasciano un codino di 15-20 secondi proprio per dare un adeguato spazio alla schermata finale.

Questi sono i criteri base per caricare correttamente un video su YouTube sfruttando al massimo le possibilità offerte dalla piattaforma. Se hai già dei video pubblicati e non hai seguito queste buone pratiche, puoi ancora aggiornarli, magari aggiornando i tag, dopo qualche settimana potresti notare delle felici differenze. Prima di chiudere vorrei anche farti notare che YouTube è parte integrante dell’ecosistema di Google; essere correttamente indicizzati su YouTube, significa perciò essere ben indicizzati anche su Google. Direi che non c’è bisogno di aggiungere altro, o sbaglio?

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L’importanza dell’analisi del pubblico.

Per un artista musicale che vuole vivere della sua musica, la prima preoccupazione dev’essere il pubblico: la sua base fan, i suoi follower, come vengono chiamati oggi. Un pubblico con il quale intrattieni un rapporto costante durante i tuoi concerti dal vivo e anche usando gli strumenti offerti dalla tecnologia, come social network e dirette streaming. Dev’essere un pubblico realmente interessato alla tua musica, alla tua arte: non accontentarti dei pigri like di amici e parenti (cit.).

L'importanza dell'analisi del pubblico
courtesy by pixabay.com

Il pubblico è il terreno dove piantare il seme delle tue canzoni, dev’essere terreno fertile.

Mentre durante e dopo un concerto dal vivo puoi vedere tu stesso le reazioni del pubblico e trarne le dovute conclusioni, l’uso di media tecnologici rende questo rapporto empatico più difficile e meno diretto. Per questo ogni tua attività online andrebbe misurata e analizzata, per capire se le tue azioni sono utili per far avanzare la tua carriera musicale.

Non sto parlando solo delle tue esibizioni musicali, ma anche tutte quelle attività che fai sui social per promuovere sia la tua figura di artista che la tua musica: l’aggiornamento della tua pagina Spotify, delle tue playlist, sino alla cura dei profili Facebook, Twitter e così via.

Per questo i dati a cui abbiamo accesso diventato uno strumento essenziale in un panorama musicale in continua evoluzione; dare un significato ai numeri espressi dalle statistiche di Spotify for Artist, o dagli Insights di Facebook e Instagram, è a questo punto indispensabile per capire con quale pubblico abbiamo a che fare.

Premetto che non vorrei essere frainteso a riguardo: la finalità del l’analisi del pubblico e delle sue reazioni non serve necessariamente per capirne i suoi gusti, a mio avviso soprattutto serve per capire se tu, come artista musicale, hai il pubblico adatto alla tua musica.

Essendo il web una platea virtualmente illimitata, gli strumenti di analisi risultano utili all’artista per scovare la sua nicchia di pubblico, una cerchia di fan che potrebbe realmente fare la differenza per la diffusione della sua arte.

Ogni azione sul web, dalla pubblicazione della musica a tutte le azioni promozionali per farla conoscere, come post sui social, interviste e recensioni, meritano un monitoraggio delle reazioni del pubblico. Questo è indispensabile per capire molte cose, non solo se la nuova canzone è piaciuta, ma anche se il modo di promuoverla è corretto e sta attirando l’attenzione dei fan.

Le case discografiche e le produzioni con budget adeguati, stanno facendo della lettura dei dati una scienza per produrre musica che intercetti velocemente i gusti del pubblico. Nel nostro caso, più modesto, un corretto lavoro di analisi, potrà essere utile per capire se si sta navigando sulla giusta rotta nella promozione del personaggio artistico e della sua musica.

Queste analisi non sono semplici, ma sono alla portata di tutti e richiedono un certo impegno, ma se affrontate con metodo permettono di costruire una comunicazione corretta per emergere nel vasto oceano della discografia online.

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Spotify: la rivoluzione è fallita?

La via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni.
(proverbio)

Spotify si è presentata sul mercato nel 2008, distinguendosi da altre altre piattaforme online, come Napster per esempio, che non riconoscevano alcun diritto a etichette e artisti. Erano gli anni in cui c’era un serio problema di pirateria musicale e Spotify è stata la prima a riconoscere un contributo concreto ai produttori di musica: etichette e artisti.

Spotify: la rivoluzione è fallita?
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Proseguendo in quest’ottica, più recentemente Spotify ha sposato il nobile obiettivo di fornire a un milione di artisti l’opportunità di vivere della propria arte. Un nobile obiettivo che però, ad oggi resta solo una buona intenzione.

Oramai è statisticamente verificato che il numero di artisti che guadagnano sufficientemente per vivere dalle entrate dello streaming rimane di gran lunga inferiore al milione (in tutto il mondo!). Spotify attualmente paga una media di $ 0,00437 USD per streaming, il che significa che servirebbero 360.000 stream al mese perché un artista guadagni una sorta di salario minimo. La cruda realtà è che si tratta anche di un numero di ascolti irraggiungibile per la maggior parte degli artisti presenti sulla piattaforma svedese.

Questo è dovuto al fatto che Spotify non paga direttamente gli artisti per ogni singolo streaming, ma usa una base proporzionale (Vedi Qui) che riconosce agli artisti musicali una percentuale di royalties proporzionata alla loro quota di tutti i flussi sulla piattaforma in un determinato periodo. Questo modello di retribuzione porta a grandi pagamenti per gli artisti che dominano lo streaming, ma si traduce in compensi quasi trascurabili per artisti più piccoli.

Sono noti casi di artisti meno famosi che si sono visti riconoscere poche decine di euro di fronte a milioni di stream dei loro brani. D’altra parte, il modello proposto dal CEO di Spotify Daniel Ek, che invita l’artista interagire continuamente con i fan e pubblicare più musica per aumentare le royalties (un singolo al mese!), va a sbattere contro la realtà delle spese che l’artista deve sostenere per produrre la sua musica, sia che si appoggi ad una etichetta, sia che si auto produca. I ricavi distribuiti dalla piattaforma restano insufficienti per compensare questo sforzo continuo.

Si deve poi tener conto che comunque gli artisti non ricevono direttamente il denaro dalla piattaforma, ma dalla loro etichetta o dal distributore che hanno scelto. Le cifre che perciò arrivano al musicista possono variare a seconda degli accordi con l’etichetta o del costo del servizio di distribuzione. Per farti un’idea, ti basti sapere nel 2017, solo il 12% delle entrate dell’industria discografica sono finite nelle tasche degli artisti musicali.

Esistono comunque modelli di pagamento diversi e più remunerativi per l’artista musicale, come quello della piattaforma francese Deezer. Un modello in cui se un utente ascolta esclusivamente un singolo artista sul proprio account, quell’artista riceverà tutte le royalty generate dagli stream di questo utente.

Esiste uno studio che sembra dimostrare che il modello di Deezer sia più equilibrato rispetto al metodo utilizzato da Spotify, la quale, in sua difesa dichiara che impone costi costi amministrativi aggiuntivi per calcolare il valore dei flussi di ogni utente e questo potrebbe effettivamente tradursi in meno guadagni per gli artisti.

Insomma il buon proposito di Spotify per far vivere il musicista della sua musica è rimasto tale, una buona intenzione.

Prima dell’avvento delle piattaforme di streaming, il problema più importante per etichette ed artisti, era la pirateria, soprattutto attraverso canali peer to peer, che distribuiva gratuitamente file .mp3 senza riconoscere alcuna royalty.

Se da un lato lo streaming musicale e una pesante repressione internazionale hanno ridimensionato il fenomeno della pirateria, dall’altro ha causato un crollo verticale nelle vendite di cd e mp3 che sono molto più redditizi per chi crea musica.

Inoltre, i servizi di streaming non si limitano a rendere la musica più accessibile, ma i loro ecosistemi finiscono per influenzare l’ascolto. Sebbene i servizi di streaming siano stati concepiti e presentati come una grande opportunità per artisti più piccoli e indipendenti, che possono promuovere la loro musica senza il supporto di grandi etichette discografiche, è piuttosto chiaro che il modello di pagamento di Spotify non consente alla stragrande maggioranza degli artisti di ottenere un reddito vivibile dalla loro musica.

L’abbondanza di playlist, algoritmiche o redazionali, può creare negli ascoltatori l’illusione di una libertà di scelta, ma resta il fatto che la maggior parte degli slot nelle playlist principali di Spotify sono inaccessibili a tutti tranne che alle grandi etichette.

Per quasi tutti gli operatori del settore, discografici e musicisti, è chiaro che se Spotify vuole raggiungere il suo obiettivo di consentire a un milione di artisti di vivere della propria musica, dovrebbe riconfigurarsi per retribuirli meglio e con meccanismi più equi, in modo di gratificare almeno quegli emergenti che accolgono un .

Sebbene Spotify si presenti come una grande opportunità per le auto produzioni, è convinzione diffusa che il suo ecosistema sia troppo sbilanciato verso gli interessi delle major discografiche. Se le cose restano così, la rivoluzione delle piattaforme streaming può considerarsi fallita, lasciandole solo come un altro elemento dell’industria musicale che sottovaluta artisti e musicisti.

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Le 42 leggi universali del digital carisma: La fusione tra vita digitale e reale è il futuro della comunicazione

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Si è sempre erroneamente sostenuto che la vita reale e la vita digitale siano distinte, generando errori semantici più volte perpetrati dai media quali “il popolo della Rete”, come se offline il popolo fosse un altro! La verità è diversa: la vita reale e la vita digitale sono due facce della stessa medaglia, anzi sono la stessa faccia della stessa medaglia, ormai talmente fuse in un unico plasma che si potrebbero immaginare come due liquidi di diverso colore lasciati liberi di miscelarsi in un nuovo cromatismo, non più separati ma uniti, amalgamati. Si è sempre parlato di personal branding abbinato alla personalità online e di carisma associato a una tipologia di personalità offline ma, se on e off sono saldati, allora lo saranno anche personal branding e carisma. Il carisma è qualcosa che può essere coltivato anche in ambito digital ovvero anche in non-presenza, dove non occorre la fisicità. Sì, per la prima volta nella storia siamo di fronte a un nuovo modo di approcciarci alla realtà: attraverso la vita reale (VR) e la vita digitale (VD).
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business musica streaming social media

E’ davvero indispensabile lo streaming in diretta?

Nei prossimi giorno sarò coinvolto in un progetto di concerti live in streaming, senza pubblico per le note restrizioni, una rassegna musicale che per ragioni di budget e logistiche verrà registrata nell’arco di due giornate. Questi concerti verranno registrati dal vivo, senza tagli e post produzione, in seguito, verranno diffusi sfruttando le opzioni offerte dalle piattaforme social.

E' davvero indispensabile la diretta streaming?
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Nel corso della progettazione di questo evento naturalmente ci si è posto il problema sul fatto che i live saranno, per i fruitori, una diretta in differita e non una diretta live vera e propria. In questi tempi di creazione/fruizione immediata di contenuti video non è una questione da poco.

In realtà, in questo caso, il budget non avrebbe consentito di allestire uno studio di registrazione per qualche settimana organizzando degli appuntamenti settimanali veri e propri. La decisione di registrate tutto in una sola sessione per poi distribuirlo a dispense è stata una scelta obbligata.

Ciò non toglie che il dubbio resta: ha senso trasmettere una diretta in differita? Si può considerare un vero e proprio live? A mio avviso la risposta è semplicemente si.

Per musica dal vivo, si intende la musica suonata dal vivo senza tutte quelle post produzioni che si possono fare in studio dopo la registrazione delle parti dei vari strumenti. Chiarito questo, direi che qualsiasi esibizione che risponde a queste caratteristiche è una esibizione dal vivo: un live.

Il concetto di diretta è un attimo più sottile. Tecnicamente una trasmissione in diretta è la trasmissione di un evento nel momento stesso in cui si svolge, su questo non si sfugge. Nel momento in cui passa un lasso di tempo tra il fatto e la trasmissione delle sue immagini si parla più correttamente di (trasmissione) differita.

Perciò, la trasmissione di un concerto dal vivo in differita può ancora considerarsi un evento dal vivo? Dal mio punto di vista, per il pubblico che dal suo dispositivo segue il concerto registrato con qualche giorno di ritardo, l’evento resta a tutti gli effetti un concerto dal vivo. Questo perché è la musica che viene realizzata dal vivo.

Intendiamoci. Un concerto dal vivo è sempre un’esperienza unica e immersiva. E’ fatta dalla magia della musica che fa vibrare l’aria, è fatta dal legame empatico che si crea tra il pubblico presente e tra il pubblico e i musicisti sul palco. E’ la magia dell’essere qui ora: un’esperienza ogni volta unica e diversa. Una cosa che ben sanno i fan che seguono i loro beniamini in più tappe dei loro tour.

Non è certo una trasmissione in diretta, televisiva o via web, che potrà restituire la magica esperienza di un concerto, piccolo o grande che sia. Per questo, che si tratti di una registrazione trasmessa in diretta o in differita, a questo punto fa poca differenza.

Credo che però questo argomento sia più complesso di quello che sembra e per questo mi piacerebbe conoscere l’opinione di qualche artista musicista. Sono certo che potrebbero uscirne dei spunti di riflessione molto interessanti.

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I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
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Spotify Spotify playlist tools

Alla scoperta della Songwriter Page di Spotify

Il 12 febbraio 2020 Spotify for Artist ha annunciato sulle pagine di la versione beta test della Songwriter Page, un modo nuovo per far conoscere tutte le canzoni scritte da un cantautore presenti nella app, così da raccogliere in un’unica schermata tutta la produzione di un artista, non solo quella interpretata, ma anche quella firmata.

Alla scoperta della Songwriter Page di Spotify

La Songwriter Page è raggiungibile tramite l’indirizzo http e tramite la scheda Mostra Riconoscimenti presente in ogni traccia e visualizzabile con il tasto destro del mouse; una volta che la Songwriter Page è attiva il nome dell’autore diventa un link verso essa.

La pagina ovviamente può essere condivisa, diventando uno vero e proprio catalogo delle opere disponibili su Spotify: una sorta di curriculum interattivo, se vogliamo metterla così.

A questa pagina si affianca, la playlist ufficiale certificata Written by… dove viene raccolto il meglio  della produzione dell’autore. Non avendo ancora messo mano su una Songwriter Page, che ricordo, è ancora in versione beta test, non ho chiaro se la playlist Written by è algoritmica o personalizzabile.

Potenzialmente chiunque può richiedere la sua Songwriter Page, ma direi che questa funzione è adatta per chi può vantare  collaborazioni con altri artisti musicali.

Un’idea niente male che rende ancor di più Spotify lo strumento più accessibile per far conoscere la propria musica, nonostante tutto.

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business diritti d'autore You Tube

Le royalties musicali su YouTube

Per l’ascolto della musica in streaming il canale più utilizzato, dopo Spotify è YouTube. Si, proprio per l’ascolto, non necessariamente per la visione dei video. Generalizzando, potrei dire che Spotify è l’app preferita dai Millennials, mentre YouTube è l’app preferita dai Boomers.

Le royalties musicali su You Tube
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La gara per il podio tra le due piattaforme è piuttosto agguerrita e YouTube in questi anni non è stata indifferente alla scalata di Spotify tanto che ha aperto un servizio parallelo chiamato YouTube Music per offrire un’esperienza d’ascolto più leggera, adatta ai dispositivi mobili.

Anche YouTube, ovviamente, può essere una piattaforma redditizia per creatori, artisti e cantautori. I video contenenti musica su YouTube possono generare royalties anche per la componente video, oltre che per le registrazioni audio e le composizioni. Lo fa attraverso le entrate pubblicitarie, sulla base delle rivendicazioni dei titolari dei diritti che controllano i contenuti di tali video.

I video di YouTube monetizzati generano royalties meccaniche e di performance per i cantautori e qualsiasi video che contiene una canzone, anche il video di una cover o di una performance dal vivo, può essere monetizzato dagli editori.

La cosa interessante è che gli editori possono rivendicare qualsiasi video su YouTube su qualsiasi canale che contenga musica controllata da loro e dai loro autori, indipendentemente dal fatto che il video contenga una registrazione ufficiale, un’esibizione dal vivo, una cover o altro.

Quando una piattaforma di distribuzione carica su YouTube un brano, a questi viene assegnato un codice, un Content ID, ogni volta che il brano viene utilizzato in un video, l’editore può scegliere di monetizzare quel video e raccogliere le royalties, se il video è idoneo. Ho visto personalmente casi in cui video amatoriali di vacanze monetizzare più del video ufficiale.

Su You Tube le canzoni guadagnano royalties in due modi: dalla registrazione principale, il  file audio effettivo e dalla composizione, musica e testi. Devi tener presente però che la maggior parte delle etichette discografiche/distributori controllano solo le registrazioni principali, pertanto raccolgono solo le royalties generate dalla registrazione principale su YouTube. Se sei un cantautore, ti sono anche dovute le royalties generate dalla composizione e potresti non riceverle da YouTube tramite la tua etichetta o distributore. In questi casi, per raccogliere questi diritti dovresti iscriverti ad una società di collecting.

Le royalties generate da YouTube sono essenzialmente una parte delle entrate pubblicitarie. Gli annunci vengono pubblicati sui video solo da un titolare del copyright, un’etichetta per esempio, che rivendica un video e dice a YouTube di monetizzare quel video. Ovviamente, vengono generate royalties anche per i video di YouTube visualizzati tramite i servizi di contenuti a pagamento come YouTube Red e YouTube Music.

I tassi di royalties su YouTube dipendono da molti fattori e sono notoriamente fonte di confusione. Le tariffe dipendono dal tipo di annuncio offerto sul video, dal territorio in cui è avvenuta la visualizzazione, dal periodo dell’anno, dalla piattaforma YouTube, a pagamento o meno, e da molti altri fattori. Per questo motivo, è molto difficile stimare quanto guadagnerà un video in entrate pubblicitarie.

Per monetizzare con i video su YouTube è necessario che il canale che li ospita raggiunga determinate soglie. In pratica, i video devono essere su un canale che abbia almeno 1.000 iscritti e 4.000 ore di visualizzazione negli ultimi 12 mesi. Solo in questo caso i video possono essere monetizzati sia nella parte visiva, che nella parte sonora.

Ci sono distributori importanti come The Orchard o Believe Digital, che comunque raccolgono le royalties sonore da YouTube, riconoscendo la musica da loro distribuita tramite il Content ID, anche se pubblicata in un canale che non monetizza o usata in altri video, come nel caso di video amatoriali per esempio. Altri distributori, come Distrokid per esempio, chiedono una piccola quota annua per richiedere il Content ID su YouTube.

Se sei un musicista indipendente, pubblicare video sul tuo canale YouTube sarebbe cosa buona; se invece hai un contratto con un’etichetta, te lo sconsiglio. Sicuramente il canale dell’editore ha già gli standard per monetizzare il video nella sua interezza, audio e video. Inoltre, avrà già un bacino ampio di iscritti a cui far vedere il tuo nuovo video.

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