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Gli NFT salveranno i musicisti?

Da qualche tempo l’attenzione del mondo musicale si è focalizzata sugli NFT (Token Non Fungibili), che nella pratica non sono altro che attestati di proprietà su opere digitali come appunto lo è la musica quando non è su supporto fisico.

La musica ai tempi degli NFT
courtesy by pexels.com

Gli NFT si basano sulla tecnologia blockchain, che offre la possibilità di distribuire beni digitali in modo peer-to-peer senza intermediari finanziari. E’ la tecnologia che muove il mercato delle criptovalute, come il celebre Bitcoin, che permette di trasferire denaro senza bisogno di una banca che certifichi le transazioni, in quanto è la rete stessa che le verifica. Gli NFT hanno già trovato un grande interesse nel mercato dell’arte digitale, ora sembra proprio sia il momento del musica.

In Italia si è parlato molto dell’inedito che Morgan ha lanciato sulla piattaforma NFT Opensea, molto più interessante è però il caso dei Belladonna che non solo hanno venduto il loro brano come copia inedita originale, tramite NFT, ma anche i suoi diritti di copyright su eventuali utilizzi futuri. Questo perché la produzione della band romana ha trovato fortuna nel mercato della sincronizzazione e hanno legato al NFT un pre-contratto con le clausole di utilizzo.

Proprio l’esperienza dei Belladonna ha evidenziato alcuni limiti di questa tecnologia, legati soprattutto alla gestione dei vari diritti di utilizzo, dato che la proprietà del NFT resta nelle mani di chi lo ha emesso. Enzo Massa, presidente della FIMI fa notare infatti che

L’opera rimane comunque di chi l’ha realizzata. L’acquirente non ne diventa proprietario, quindi ne avrà una disponibilità parziale. Nel diritto comunitario non esiste il diritto di seguito: è esclusa la rivendita di un mp3, per esempio. Quindi diventi proprietario di un’opera che potenzialmente potresti anche non rivendere se non con il consenso dell’artista originario.

Attualmente, i guadagni degli artisti musicisti che hanno rilasciato musiche NFT sono di gran lunga superiori di quelli rilasciati dalle app di streaming ed è innegabile che questo settore stia vivendo un momento di crescita verticale, tanto che la stessa SIAE ha chiuso un accordo per creazione di 4 milioni di NFT su blockchain Algorand per la gestione dei diritti di 95mila autori. In Italia, case discografiche grandi e piccole stanno seguendo l’evolversi della situazione, tuttavia, un loro diretto coinvolgimento nel futuro prossimo è dato pressoché certo. Un futuro discografico dove gli NFT saranno uno strumento utilizzato come uno dei modelli di business dell’industria.

Come già detto, gli NFT musicali stanno offrendo agli autori cifre molto più consistenti rispetto quelle offerte dai canali tradizionali, ma non è detto che questo duri per sempre. E’ vero che esiste un ampio mercato alla ricerca di prodotti unici ed esclusivi, come in effetti sono gli NFT, ma è anche vero che il rischio è che si giunga molto rapidamente alla saturazione di questo nuovo mercato, se non a una vera e propria bolla speculativa, così come accade nelle blockchain delle criptovalute. La considerazione di Enzo Mazza su questo tema la trovo molto sensata e realista.

Sono anni che si parla della blockchain nel settore musicale. Ma è ancora un prodotto di nicchia. Non possiamo immaginare che questa bolla continui in questo modo. In questa fase ci sono dei numeri che sono completamente fuori mercato. Magari alla fine ti ritrovi in mano qualcosa che non vale più niente. Tornerà poi a una più normale dinamica, e a quel punto si svilupperà un mercato di lungo termine.

A questo punto ti lascio questo link che ti introduce al mondo degli NFT ed al loro utilizzo pratico, vale la pena di dargli almeno una sbirciata, anche perché affronta il tema dei diritti d’autore.
Guida Pratica agli NFT


Le 42 leggi universali del digital carisma: La fusione tra vita digitale e reale è il futuro della comunicazione

di Rudy Bandiera
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Si è sempre erroneamente sostenuto che la vita reale e la vita digitale siano distinte, generando errori semantici più volte perpetrati dai media quali “il popolo della Rete”, come se offline il popolo fosse un altro! La verità è diversa: la vita reale e la vita digitale sono due facce della stessa medaglia, anzi sono la stessa faccia della stessa medaglia, ormai talmente fuse in un unico plasma che si potrebbero immaginare come due liquidi di diverso colore lasciati liberi di miscelarsi in un nuovo cromatismo, non più separati ma uniti, amalgamati. Si è sempre parlato di personal branding abbinato alla personalità online e di carisma associato a una tipologia di personalità offline ma, se on e off sono saldati, allora lo saranno anche personal branding e carisma. Il carisma è qualcosa che può essere coltivato anche in ambito digital ovvero anche in non-presenza, dove non occorre la fisicità. Sì, per la prima volta nella storia siamo di fronte a un nuovo modo di approcciarci alla realtà: attraverso la vita reale (VR) e la vita digitale (VD).
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Instagram personal branding social network Spotify Spotify playlist

Come portare follower da Instagram a Spotify?

La domanda del titolo te la potrei declinare per qualsiasi app musicale e social tu voglia.
Come portare un follower da Instagram a Amazon Music?
Come portare un follower da Facebook a Spotify?
Come portare un follower di Twitter a Tidal?
E così via dicendo…

Come portare follower da instagram a spotify?
courtesy pexels.com

In qualsiasi caso, devi tenere conto che far transitare un follower da un’app all’altra non è mai un’impresa facile. Non lo è per nessuno. Questo perché gli utenti non amano uscire dal loro social network preferito per andare ad ascoltare l’ultimo tuo brano su un’app di musica in streaming.

Tutti i social network sono strutturati per mantenere gli utenti all’interno del loro ecosistema, tutti i social di Meta (la società che gestisce Facebook, Instagram, ecc..), più di altri, scoraggiano in tutti i modi possibili l’uso di link verso l’esterno.

Come puoi spingere allora i tuoi 1000 follower di Instagram ad ascoltare la tua musica su Spotify?

In realtà a questa domanda non c’è una risposta risolutiva. O meglio c’è, ma non ti farà piacere saperla perché comporta importanti investimenti di denaro e di tempo.

La soluzione più semplice e immediata per attirare l’attenzione dei tuoi follower social verso l’ascolto della tua musica e delle tue canzoni resta la creazione di playlist.

In questo contesto la playlist va intesa come il luogo dove mettere in relazione le tue creazioni con quelle dei tuoi colleghi musicisti più o meno famosi. Per questo ti consiglio di creare una o più playlist da mettere in bella mostra sulla tua pagina artista Spotify nell’apposita sezione Artist Pitch.

Ci sono diversi criteri con cui puoi creare una playlist che attiri l’attenzione, il primo è sicuramente il genere musicale, ma poi puoi sfruttare anche il mood delle tue canzoni e compilare selezioni allegre, tristi, rilassanti o dinamiche a seconda dei brani, dei tuoi brani, che vuoi inserire.

Non è necessario che la playlist sia particolarmente corposa, puoi partire con selezioni di 50 brani dove tra i primi dieci inserisci un paio di tue composizioni. Fatto questo, potrai far sapere al tuo pubblico dell’esistenza di queste selezioni e lanciare sui social un invito all’ascolto: la playlist è un ottimo contenuto da condividere e anche su cui costruire una discussione.

Dovrai però offrire un valido motivo perché le persone vengano ad ascoltare le tue scelte ed essendo un musicista non dovresti faticare a trovare argomenti per attirare i tuoi fan verso le tue selezioni.

Ci sono molti tasti che puoi utilizzare per invogliare all’ascolto, per esempio la qualità degli artisti o dei brani che hai scelto, oppure raccontare come alcuni degli artisti presenti ti abbiano artisticamente influenzato o di come queste musiche abbiano un significato particolare nella tua vita.

Puoi giocare sulla curiosità delle persone che ti stimano artisticamente invitandoli a conoscere il tuo universo musicale, condividerlo con loro e fare in modo che da questo confronto meglio capiscano su quali leve si muove il tuo processo creativo.

Magari farai loro scoprire nuove canzoni o nuovi artisti che non conoscono, li aiuterai a capire più profondamente la musica e loro apprezzeranno di non essere considerati degli ascoltatori passivi, semplici consumatori di musica; la tua reputazione ne trarrà beneficio e di conseguenza anche la tua musica verrà più apprezzata.


Le 42 leggi universali del digital carisma: La fusione tra vita digitale e reale è il futuro della comunicazione

di Rudy Bandiera
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Si è sempre erroneamente sostenuto che la vita reale e la vita digitale siano distinte, generando errori semantici più volte perpetrati dai media quali “il popolo della Rete”, come se offline il popolo fosse un altro! La verità è diversa: la vita reale e la vita digitale sono due facce della stessa medaglia, anzi sono la stessa faccia della stessa medaglia, ormai talmente fuse in un unico plasma che si potrebbero immaginare come due liquidi di diverso colore lasciati liberi di miscelarsi in un nuovo cromatismo, non più separati ma uniti, amalgamati. Si è sempre parlato di personal branding abbinato alla personalità online e di carisma associato a una tipologia di personalità offline ma, se on e off sono saldati, allora lo saranno anche personal branding e carisma. Il carisma è qualcosa che può essere coltivato anche in ambito digital ovvero anche in non-presenza, dove non occorre la fisicità. Sì, per la prima volta nella storia siamo di fronte a un nuovo modo di approcciarci alla realtà: attraverso la vita reale (VR) e la vita digitale (VD).
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musica streaming social media Spotify Uncategorized

Novità in Spotify For Artist

Lo scorso ottobre Spotify ha aggiunto alcuni dettagli nelle statistiche di Spotify for Artist utili per valutare il tasso di coinvolgimento del pubblico e le sue abitudini di ascolto, relativamente ai brani che hai pubblicato. Le nuove statistiche facilitano il monitoraggio degli ascolti e del comportamento degli ascoltatori, aiutandoti a misurare e contestualizzare la crescita e l’interesse del pubblico.

Novità in Spotify for Artist
courtesy by pexels.com

Ora, nella sezione Musica di Spotify for Artist puoi visualizzare anche le metriche composite per qualsiasi pubblicazione, che si tratti di un album, un EP o un singolo focus.

Interpretando con attenzione queste informazioni e sperimentando diverse forme di promozione sui diversi social, queste nuove statistiche ti mettono in grado di valutare meglio l’impatto delle tue campagne e magari definire quale metodo promozionale funzioni meglio.

A differenza di YouTube, Spotify non indica come gli ascoltatori sono arrivati alla tua pagina artista o al tuo brano ovvero la loro pagina di provenienza. Per capire questo, dovresti fare dei test con campagne basate su un singolo media, ad esempio solo una newsletter, un comunicato stampa o una campagna di post su un social, per poi valutare quali benefici ti ha portato sul breve periodo.

Entrando nella scheda di una delle tue pubblicazioni (singolo, album, ep) sul grafico per periodo, puoi vedere che sono state aggiunte le voci che ti aiutano a valutare meglio come il pubblico ha accolto il tuo brano.

In fase di sviluppo è anche la scheda del coinvolgimento nella sezione audience che introduce metriche dettagliate su come si comporta la base dei tuoi ascoltatori, inclusi gli stream medi, i salvataggi nelle playlist e altro ancora. Ciò rende più facile valutare le tendenze generali e l’orientamento degli ascoltatori verso la tua musica.

Queste informazioni sono interessanti perché non solo misurano la tua popolarità ma risultano utili per misurare la penetrazione e il coinvolgimento della tua musica e delle campagne che metti in atto per promuoverla.

Per meglio comprendere come leggere e interpretare le stats di Spotify for Artist, ti rimando alla guida ufficiale della app.


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business musica streaming tidal

Novità importanti in casa Tidal

La concorrenza tra le piattaforme di musica in streaming continua a riservare sorprese interessanti. Oggi vorrei rivolgere la tua attenzione verso TIDAL. Questa piattaforma ha una storia piuttosto complicata e controversa, per conoscerla ti invito a leggerla su Wikipedia.

Il Payout Direct Artist di Tidal

TIDAL è stata la prima piattaforma ad offrire in streaming musica in alta qualità (lossless) e sebbene i suoi abbonamenti siano più costosi rispetto a quelli della concorrenza, ha saputo ritagliarsi la sua quota di mercato nei servizi di streaming.

Tra le novità di questi mesi c’è il lancio di TIDAL Free che al momento interessa solo il mercato statunitense. Questo probabilmente per rispondere all’avanzata aggressiva di Amazon Music nel mercato dello streaming lossless. L’offerta di TIDAL Free non metterà a disposizione l’intero catalogo disponibile, ma solo una parte, nel tentativo di attirare e fidelizzare nuovi iscritti verso la piattaforma. Una strategia semplice già usata da Amazon Music che sta dando i suoi frutti.

Ma la novità più importante su TIDAL per gli artisti musicisti è il lancio del Payout Direct Artist, ovvero il riconoscimento fino al 10% delle commissioni di un abbonato HiFi Plus direttamente all’artista in streaming più ascoltato da quell’account.

Con il programma Direct Artist Payouts, TIDAL offre agli artisti un supporto supplementare, in modo da consentire loro di creare e promuovere la loro musica in modo più efficace con l’aiuto dei loro fan.

Tutti i dettagli per poter partecipare al programma Direct Artist Payouts di TIDAL, o per verificare se ne fai già parte, li puoi trovare sulla pagina di supporto della piattaforma.


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business royalty social media You Tube

6 cosine basiche su YouTube e royalty

YouTube può essere una piattaforma redditizia e in grado di aumentare il tuo pubblico, ma tende anche a confondere anche gli utenti più esperti quando si tratta di monetizzare i video e presentare reclami sul copyright. Oggi vorrei concentrarmi su come il social media di Google si comporta con le royalty musicali, perché c’è molta confusione sull’argomento e questo porta gli artisti musicisti verso scelte non corrette.

YouTube e le royalty
courtesy by pixabay.com
1. Riscuotere royalty su video caricati da altri utenti.

In qualità di cantautore, hai il diritto di monetizzare e riscuotere royalties da qualsiasi utilizzo delle tue canzoni. Gli editori possono rivendicare qualsiasi video di YouTube che contenga musica controllata da loro e dai loro autori, sia che si tratti di una registrazione ufficiale, di un’esibizione dal vivo, di una cover o di un remix. Questo vale per qualsiasi uso, anche se non hai caricato tu stesso il video. Una volta che il tuo publisher ha avviato una rivendicazione, può scegliere di monetizzare quel video e riscuotere le royalty.

2. Monetizzare le tue composizioni su YouTube

Le canzoni guadagnano royalties in due modi : dalla registrazione principale (file audio effettivo) e dalla composizione (musica e testi sottostanti). La maggior parte delle etichette discografiche o dei distributori controllano solo le registrazioni principali e quindi possono riscuotere solo le royalty generate dalla registrazione principale su YouTube. Agli autori sono dovute anche le royalty generate dalla loro composizione; è probabile che tu non li ottenga tramite la tua etichetta o distributore. Dovrai registrare tu stesso le tue composizioni su YouTube o tramite un Music Publishing Administrator per riscuotere ciò che le tue canzoni hanno guadagnato sulla piattaforma.

3. I video senza pubblicità non generano royalty

Poiché le royalty di YouTube sono essenzialmente una parte delle entrate pubblicitarie, i video di YouTube non generano royalty fino a quando un annuncio non è stato pubblicato da un titolare del copyright. Questa operazione viene eseguita quando un’etichetta, un editore o un altro proprietario di contenuti presenta una richiesta e quindi indica a YouTube di monetizzare quel video.
Se un video di YouTube non ha una pubblicità riprodotta prima, durante o accanto, non genera alcuna royalty per i titolari dei diritti associati. Un’eccezione a questa regola sono le clip di YouTube visualizzate tramite la piattaforma di contenuti a pagamento senza pubblicità YouTube Premium. Per poter monetizzare un video, il canale dove è caricato deve rispondere a dei requisiti minimi che vedremo nel punto 6.

4. C’è un tasso di royalty fisso per vista

E’ noto che i tassi di royalty su YouTube sono confusi. Dipendono dal tipo di annuncio offerto sul video, dal territorio in cui è avvenuta la visualizzazione, dal periodo dell’anno, dal servizio YouTube (gratuito o premium) e da molti altri fattori: per esempio si è notato che le pubblicità associate ai video musicali e all’intrattenimento, in genere, sono tra le meno redditizie. Per questo motivo, è molto difficile stimare esattamente quanto guadagnerà un video in termini di entrate pubblicitarie.

5. Rivendicare un video non chiude il canale di un altro utente

Un canale YouTube riceve un avvertimento sul copyright quando un titolare dei diritti invia una richiesta formale di rimozione informando YouTube che non dispone dell’autorizzazione per pubblicare i suoi contenuti. YouTube prende molto sul serio gli avvertimenti sul copyright; dopo tre di essi, tutti i video di un canale vengono rimossi e potrebbero essere soggetti a chiusura. D’altra parte, quando un titolare dei diritti presenta un reclamo su un video per monetizzarlo, non assegna al canale dell’utente che l’ha caricato un avvertimento sul copyright né lo mette in cattiva posizione con YouTube. Un buon compromesso, davvero.

6. Quando un video su YouTube può essere monetizzato

YouTube ha delle soglie minime che devono essere soddisfatte prima che un video possa essere monetizzato. Ad esempio, il canale su cui viene pubblicato il video deve avere almeno 1.000 iscritti e ha registrato 4.000 ore di visualizzazione negli ultimi 12 mesi.

Se vuoi crearti un canale artista, YouTube è un ottimo strumento per creare e condividere contenuti, promuovere la tua musica e, in definitiva, generare royalties. Ma prima di arrivare a questo devi avere i requisiti del punto 6 e, come in ogni altro social, catturare un pubblico attento e affezionato richiede metodo, pazienza e costanza.


Business e Marketing della Musica: Tutto quello che musicisti, autori, manager, produttori ed editori devono sapere per vivere di musica

di Massimiliano Titi
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Conoscere le regole del gioco è fondamentale per vivere di musica.
Con un tono semplice e colloquiale, questo libro prende per mano il creativo in campo musicale e lo accompagna in un viaggio tra le tante questioni che deve affrontare oggi: dalla conoscenza dei diritti d’autore e connessi, all’esame delle figure professionali e dei contratti più comuni, dai fondamenti di marketing e a come promuoversi, alla distribuzione digitale e alla concreta realizzazione dei propri profili, fino all’illustrazione dei nuovi mestieri della musica che possono contribuire a dare sussistenza al creativo, realizzando così di fatto il sogno di “vivere di musica”. Non manca uno sguardo sul futuro: NFT e blockchain, intelligenza artificiale e realtà aumentata e nuovi scenari.
I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
Insomma, un bel viaggio, adatto chiunque sia appassionato di musica e voglia trasformarla in un mestiere, oppure a quei professionisti del settore che desiderino consolidare o mettere a fuoco le regole del business e del marketing musicale.
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business musica streaming social media

Quali social pagano royalty?

Ho raccolto un po’ di informazioni su quali piattaforme riconoscano royalty per la musica presente nei contenuti pubblicati dagli utenti.

Preciso già da subito che questa guida non credo sia completa e nemmeno esauriente, ma potrebbe comunque risultare utile per sfruttare al meglio le opportunità offerte dal rapporto tra musica e social. Tieni anche presente che questo articolo fotografa la situazione di questi mesi, come in qualsiasi settore, i processi cambiano e le informazioni in futuro potrebbero non essere aggiornate.

Quali social pagano royalty?
coutesy by pixabay.com
Instagram

Instagram paga le royalty di pubblicazione e master per la musica che gli viene inviata tramite i distributori. Instagram ha integrato la gestione delle licenze musicali recentemente, ma sta lavorando alla creazione di un sistema di gestione dei contenuti (CMS), simile a quello di YouTube. In questo momento, molti detentori dei diritti hanno accordi unici e licenze generali con Instagram, garantendo pagamenti ai loro cantautori e artisti. Per verificare se il tuo distributore, editore o società di raccolta ha un accordo attuale con Instagram, puoi contattare direttamente i loro team di supporto.

Youtube

YouTube tiene traccia e paga le royalty in diversi modi. Oltre a pagare le royalty master e di pubblicazione in base agli ISRC associati al caricamento dei video, utilizza anche un sistema chiamato Content ID per tenere traccia di altri usi. Con Content ID, YouTube è in grado di scansionare e identificare i video che utilizzano la tua canzone. Il meccanismo di calcolo delle royalty di YouTube può essere complesso, inoltre le riceverai solo se il canale dove è pubblicato il video soddisfa le loro soglie monetarie. Questo significa che, affinché YouTube possa inserire annunci e monetizzare un video, questo deve trovarsi su un canale con almeno 1.000 iscritti e 4.000 ore di visualizzazione negli ultimi 12 mesi.

Tik Tok

La piattaforma di TikTok si concentra principalmente sul consentire agli utenti di abbinare la musica a brevi video clip di 15 secondi. Tuttavia, mettere semplicemente la tua musica su un video nell’app non ti farà ottenere royalties: un artista deve distribuire la propria musica tramite un distributore affinché sia ​​disponibile e monetizzabile. Devi anche essere registrato con una società di raccolta, come un PRO come SIAE, ASCAP, BMI, SESAC e avere un editore o un amministratore di pubblicazione, per riscuotere le royalty di pubblicazione. Poiché TikTok è una nuova applicazione, stanno ancora lavorando su accordi per concedere in licenza la musica con vari titolari di diritti. Dovrai verificare con il tuo distributore, società di riscossione ed editore per assicurarti che dispongano di licenze con TikTok per riscuotere le royalty per tuo conto. Se sono concessi in licenza, è lecito presumere che la tua musica riscuoterà royalties per ogni utilizzo sulla piattaforma.

Twich

Twitch è la piattaforma di livestreaming di proprietà di Amazon.com. E’ popolare tra i videogamers che trasmettono in diretta le loro giocate. Negli anni è diventato una delle piattaforme più usate per gli eventi in streaming. Attualmente, lo streaming di musica su Twitch può farti guadagnare royalty, ma limitatamente. Solo recentemente Twitch ha firmato un accordo di licenza con SACEM (la SIAE francese) e ha rilasciato il suo nuovo prodotto: Soundtrack. Con il servizio Soundtrack, uno streamer Twitch trasmetterà contemporaneamente il proprio video utilizzando le musiche presenti nel catalogo Soundtrack con relativa licenza sul servizio. Ciò significa che le royalty di pubblicazione e master saranno disponibili per coloro che hanno una licenza con Twitch. Come Instagram, ti consigliamo di verificare con il tuo distributore ed editore per vedere se hanno licenze con Soundtrack per Twitch. Puoi anche eseguire brani selezionati con l’estensione Twitch Sings, ma i brani sono concessi in licenza con un distributore di karaoke.

Splice

Questo servizio consente ai musicisti di caricare i propri campioni, ritmi ed effetti per l’uso da parte di altri. Quando carichi i tuoi beat su Splice, vieni pagato quando qualcuno li scarica e li usa. Le royalty non vengono prese in considerazione perché tutto sul sito Web di Splice è esente da royalty al 100% e autorizzato per l’uso commerciale. Ciò significa che verrai pagato da Splice per un produttore che scarica un beat che hai caricato, ma non riceverai royalties se caricano la canzone su Spotify. Piuttosto semplice, no?

BeatStars

BeatStars è un marketplace per i produttori hip-hop per connettersi con artisti e rapper in cerca di ritmi. Chiunque può iscriversi, mettere in vendita i propri beat e creare contratti unici di “beat lease”. Il produttore è in grado di stabilire determinati limiti su come l’artista può utilizzare il proprio ritmo e quali diritti sono divisi tra loro e l’artista. Come artista o produttore, è importante leggere i tuoi contratti quando stipuli un contratto di locazione beat. Nella maggior parte dei casi, un produttore e un artista si divideranno le royalty di pubblicazione e master . In una licenza esclusiva, i diritti master vengono trasferiti all’artista, ma il produttore manterrà i diritti di pubblicazione.

Come vedi, non è scontato che per ogni riproduzione on line della tua musica ti vengano riconosciuti dei corrispettivi. Per questo, sopratutto se sei un artista musicista che si autoproduce, è necessario che tu scelga bene la piattaforma e i servizi di distribuzione su cui poni le basi della tua carriera. Chi si affida ad un’etichetta discografica in genere non deve preoccuparsi di questo, ma qualsiasi caso, come vedi, essere un musicista professionista oggi più che ieri richiede una conoscenza precisa sulle dinamiche dei mercati digitali e sul valore delle opportunità offerte.


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I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
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Amazon Music business musica streaming social music marketing

La crescita di Amazon Music

In questo post di qualche mese fa ti avevo consigliato di non sottovalutare le potenzialità di Amazon Music consigliandoti di iscriverti al suo backstage Amazon For Artist per prendere in gestione la tua pagina artista sulla piattaforma.

Amazon Music sta occupando quote interessanti nel mondo dello streaming

Da diversi mesi ho notato che un considerevole numero di artisti fuori dal mainstream pop condividono sui social la loro musica su Amazon preferendolo a Spotify, dichiarandosi entusiasti del riscontro di pubblico ed economico che stanno raccogliendo.

A dar ragione alle loro scelte ci sono i dati resi pubblici  recentemente dal Financial Time che certificano una crescita del 70% di Amazon Unlimited, molto più corposa rispetto a quella dei concorrenti Spotify o Apple Music.

Si tratta di un duro colpo alla popolarità di Spotify, che mantiene comunque il suo primato, ma con una crescita di abbonati del 25% circa l’anno. Tenendo conto che la stessa Apple Music ha un tasso di crescita di circa 50% e che negli USA il numero dei suoi abbonati abbia superato quello della app svedese, sembra proprio che il dominio di Spotify sullo streaming musicale sia in crisi.

I motivi di questa rapida ascesa di abbonati ad Amazon Unlimited sono legati alla rapida diffusione dei dispositivi Echo e Alexa, che fanno parte integrante dell’ecosistema Amazon, ma anche un pubblico di riferimento con un’età diversa rispetto a quello di Spotify.

Secondo la società Midia Research, circa il 14% degli abbonati ad Amazon Music ha 55 anni o più, rispetto a solo il 5% degli utenti di Spotify. Ed è a questa utenza che punta il gruppo di Jeff Bezos. Secondo Steve Boom, vice presidente di Amazon Music, esiste un vuoto di offerta nel mercato statunitense e per i consumatori più anziani. “Non stiamo combattendo per gli stessi clienti di tutti gli altri. Perché lo streaming raggiunga il suo pieno potenziale, non possiamo limitarci a guardare il pubblico dai 15 a 22 anni”.

Questo stato di cose, mi induce a pensare che Amazon Music sia la piattaforma adatta a tutti gli artisti musicisti che creano musica più matura e comunque al di fuori dalle mode pop del momento.


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bandcamp business social media

Perché Bandcamp è molto interessante.

Complice la pandemia che ha bloccato i concerti dal vivo, gli artisti musicali hanno preso consapevolezza dei grossi limiti del sistema con cui Spotify ripartisce le royalty. Un sistema di sperequazione progressiva che premia i più noti: più sei cliccato e più il margine sul singolo click aumenta. Per gli altri non restano che le briciole e la consapevolezza della mancata promessa di “consentire a un milione di creativi di vivere dei profitti della loro musica” ancora presente nello statuto della piattaforma svedese.

Perché Bandcamp è interessante

Spotify non è un paese per piccoli e non consola l’aumento annuale da 30.000 ad oltre 43.000 degli artisti che da soli generano il 90% del traffico. Se non sei in questo 3,5% non è che ti resti molto in mano. Se resti sotto una quota di visibilità, che è molto alta, non trovi modo di emergere.

Nonostante queste premesse, perché il numero di brani caricati quotidianamente su Spotify (oltre 60 milioni) continua ad aumentare? Perché c’è questo affanno per stare su Spotify?

La fama che gode la app svedese è sicuramente legata alla sua buona auto promozione ed alle funzionalità social che rendono molto facile per un’artista o un promoter diffondere il verbo nella rete. Sembra che poco importi se poi i guadagni sono ridicoli o i post sui social vengano regolarmente ignorati generando pochi streaming.

Arriviamo al punto: cosa offre Bandcamp che Spotify non offre?

Innanzitutto il motore del sito sono gli artisti, chi produce musica e non solo chi ne usufruisce. Con la sua conformazione classica la navigazione in Bandcamp può sembrare spartana e statica, in realtà è funzionale, intuitiva ed offre al fruitore il tempo per ragionare, ascoltare e scegliere le diverse proposte del catalogo.

Gli artisti musicali in Bandcamp trovano uno spazio per gestire in autonomia il proprio spazio nella piattaforma: possono fissare il prezzo del download, decidere cosa mettere in streaming gratuito e il tutto senza obblighi o intermediari.

Alcuni artisti mi confermano che l’ecosistema di Bandcamp ha loro permesso di costruire un dialogo proficuo con un pubblico veramente interessato alla loro musica e ben felice di spendere qualche euro per un Cd, un vinile o un file digitale. Il che non è poco dato che la vendita di un paio di dischi su Bandcamp corrisponde al controvalore di due anni su Spotify.

Il pubblico di Bandcamp ha un profilo diverso dall’utente medio di Spotify. E’ mediamente più curioso, più disponibile a nuove esperienze di ascolto e sopra ogni altra cosa, in genere cerca quella musica che non trova nel mainstream. E’ un pubblico esigente ed attento che cerca gratificazione nell’ascolto della musica.

Bandcamp si presenta come una strategia alternativa per poter raggiungere le comunità di ascolto. Lo è particolarmente in questo momento in cui l’industria del supporto fisico, cd e vinile, sta vivendo una nuova primavera come messo in evidenza dai dati della FIMI nell’ultimo trimestre. ​​

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I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
Insomma, un bel viaggio, adatto chiunque sia appassionato di musica e voglia trasformarla in un mestiere, oppure a quei professionisti del settore che desiderino consolidare o mettere a fuoco le regole del business e del marketing musicale.
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bandcamp social music marketing social network Spotify

Bandcamp: quello che Spotify non ti offre

Bandcamp nasce nel 2007 come servizio servizio musicale che permette ad artisti indipendenti di promuovere e distribuire la loro musica online, recentemente i suoi servizi si sono estesi anche alle etichette discografiche che possono contare su un’ampia platea di iscritti molto interessata a nuove esperienze musicali.

Bandcamp vs Spotify

Bandcamp ti permette di caricare, ascoltare e acquistare musica, in formato fisico o digitale. La sua specificità è quella di vendere musica, attraverso un’esperienza di ricerca nella quale l’utente scopre un artista o un album che gli piace e decide di acquistare i file caricati dall’artista stesso. La piattaforma californiana nasce infatti per offrire agli artisti indipendenti un grande negozio di dischi online, dove far conoscere e commercializzare le proprie opere.

Visto in questa ottica, il servizio offerto da Bandcamp è abbastanza flessibile: come artista musicale puoi vendere la tua musica sulla piattaforma scegliendo diversi tipi di formato file ed il prezzo del singolo brano o dell’album.

Questa elasticità, la praticità d’uso e una struttura di navigazione classica e solida piace molto sia ai musicisti sia ai loro fan e garantisce al sito un giro d’affari complessivo di circa 196 miliardi di dollari in progressivo aumento.

Ma ciò che più piace agli artisti che affidano la loro carriera a Bandcamp è il rapporto musicista>ascoltatore completamente diverso da quello imposto dall’ecosistema Spotify. Un rapporto più naturale e spontaneo che non impone la filosofia competitiva dell’app svedese riassunta dalla cruda e semplice dichiarazione del CEO Daniel Ek: «Non puoi registrare un disco ogni tre o quattro anni e pensare che sia sufficiente».

A differenza di Spotify, che è un app di musica in streaming, Bandcamp si presenta come «a record store and a music community». La sua mission principale è quella di mettere in contatto gli artisti musicali con il loro pubblico, ma soprattutto di garantire loro un introito adeguato per il loro lavoro: un’angolazione completamente diversa rispetto al gigante svedese che si sta rivelando incapace di mantenere le promesse della sua mission.

Nel più vasto ecosistema della fruizione della musica online questi due modelli sembrano in antitesi, quasi contrapposti, in realtà mi è stato fatto notare che non è proprio così. Sebbene la distanza tra il Sistema Spotify e il Sistema Bandcamp sia notevole, i due servizi si dimostrano complementari per garantire un’adeguata offerta al pubblico. E questa credo sia la visione più corretta per un approccio costruttivo verso le due soluzioni.

Sebbene le dimensioni del giro d’affari di Bandcamp sia molto inferiore rispetto a quello di Spotify, potresti trovare il sito californiano molto competitivo perché più appagante rispetto l’app svedese proprio per la diversa remunerazione delle opere pubblicate e ascoltate/vendute.

Con il suo complicato e sbilanciato sistema di royalty, Spotify paga da 0,0025-0,0042 euro ad ascolto e solo una parte, al netto di ciò che spetta a casa discografica e distributore, arriva effettivamente nelle tasche dell’artista. Su Bandcamp per un artista o etichetta, basta vendere un paio di dischi per portarsi a casa il controvalore di due anni di Spotify.

Conosco un paio di artisti indipendenti che hanno fatto di Bandcamp la piattaforma privilegiata per mantenere un contatto con il pubblico, raccontano che la loro esperienza è molto positiva perché raggiungono persone motivate e realmente interessate alla loro arte e si ritengono economicamente appagati dai risultati che riescono raggiungere.

L’esperienza di ricerca e di ascolto su Bandcamp è molto diversa da quella agile e veloce delle app di musica in streaming, ma proprio per questo gli utenti di questo sito sono più attenti alla musica che ascoltano e acquistano. Questo sembra premiare quegli artisti musicisti a cui vanno strette le logiche imposte dalla musica in streaming e intendono percorrere strade creative più libere.

Per spiegarmi meglio, potrei usare questa immagine: Spotify è una grande autostrada, che ti porta velocemente lontano, ma che ti costringe in un percorso obbligato con il rischio di restare intrappolato in una coda estenuante; Bandcamp è una strada di campagna che attraversa borghi e colline. Sicuramente è più lenta e richiede attenzione nel percorrerla, ma ti lascia la libertà di cambiare percorso regalandoti dei fantastici paesaggi.

Sono due esperienze diverse, che puoi scegliere in base agli obiettivi che ti poni, senza contare che il percorso della tua attività artistica non ti impone una scelta tra le due strade, puoi anche fare un percorso misto.


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Spotify Spotify playlist

Your Release Radar richiede follower reali

Le due principali playlist algoritmiche di Spotify, sono Discover Weekly e Your Release Radar. Discover Weekly viene generata e proposta all’ascoltatore selezionando brani che potrebbero interessargli scelti in base alle sue abitudini d’ascolto. Your Release Radar invece, raccoglie le ultime uscite degli artisti che l’ascoltatore segue o ascolta con maggior frequenza.

YOUR RELEASE RADAR RICHIEDE FOLLOWER REALI
courtesy by pixabay.com

Oggi vorrei concentrarmi su Your Release Radar, giusto per mettere in chiaro un paio di cose che già dovresti aver intuito nella premessa che hai appena letto.

Your Release Radar è una playlist che Spotify aggiorna settimanalmente il venerdì, il giorno in cui generalmente le etichette discografiche pubblicano i nuovi brani. Questa playlist, come già detto, offre all’ascoltatore la possibilità di essere aggiornato sulle nuove uscite degli artisti che segue.

Your Release Radar pubblica un solo brano per artista, nella sua selezione settimanale, ma se l’ascoltatore dedica la sua attenzione a questo brano, la settimana successiva si vedrà riproporre le più recenti uscite dello stesso artista. In pratica la Your Release Radar è la playlist principe per tener legati gli artisti con la loro fanbase su Spotify.

Tenendo conto che questa playlist è tra le più seguite della app, significa che avere un’ampia platea di follower farebbe decollare gli ascolti di un brano immediatamente dopo la sua pubblicazione, con ricadute positive anche sul suo inserimento in altre playlist algoritmiche.

Ottenere follower su Spotify però richiede attenzione, lavoro e costanza. Non si tratta solo di condividere le tue canzoni sui canali social media che gestisci, ma di costruire un dialogo capace di interessare il tuo pubblico e quello a cui piace il genere musicale che suoni.

Sebbene internet offra enormi potenzialità di promozione, non sottovalutare il potere del passaparola, o le situazioni, come i live, in cui ti incontri con il tuo pubblico: invitali a seguire il tuo profilo Spotify oppure il tuo profilo nella loro app preferita.

Non tirarti indietro se qualcuno ti chiede di parlare delle tue canzoni, sia online che nella vita reale. Rendi partecipe il tuo pubblico del tuo processo creativo, imparerà ad apprezzare meglio il lavoro che stai facendo.

Avere un pubblico realmente interessato alla tua musica è molto importante, sono persone che ti apprezzano per quello fai. Una cosa ben diversa dai follower che puoi acquisire con una campagna di ascolti a pagamento e che, come ho sperimentato, si dissolvono appena l’investimento è esaurito.


Marketing Musicale: Come sfruttare le playlist di Spotify per promuovere la tua musica

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