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Sono dazi anche per i musicisti

Così, di punto in bianco ci ritroviamo in un pianeta scosso da una guerra commerciale storicamente senza precedenti. La situazione è ancora fluida e oggi non sono qui per analizzare la situazione. Quello che vorrei farti notare è che questa situazione riguardi anche i musicisti e tutti gli operatori del settore musicale, vediamo il perché.
Sono dazi anche per i musicisti

La guerra dei dazi scatenata dall’amministrazione Trump ha creato scompiglio anche nel mercato musicale e nell’industria discografica. Nella complessità dei mercati globalizzati quando scoppia una crisi questa finisce per coinvolgere tutti i settori economici. Questo perché tutti i settori, in un modo o nell’altro sono interconnessi tra loro.

Vediamo ora quali sono le principali conseguenze scatenate da questa inedita e imprevista situazione:

Strumenti e attrezzature più care.
Interfacce audio, chitarre, synth: se arrivano da oltre oceano, costeranno di più. Brutto colpo per studi di registrazione, live club e persino scuole di musica.

Tour internazionali a rischio.
Più burocrazia, costi logistici maggiorati, visti più complessi. Risultato? Meno artisti europei negli USA e viceversa. Meno scambi culturali. Meno musica dal vivo.

Merchandising colpito al cuore.
T-shirt, vinili, poster: aumentano i costi di produzione, trasporto e gestione. Indie label ed e-commerce ne pagano il prezzo più alto.
Streaming: impatto indiretto ma reale.

Se gli utenti devono scegliere dove tagliare la spesa, gli abbonamenti ai servizi musicali potrebbero saltare. Soprattutto se crescono anche i costi degli smartphone e degli speaker.

Le label più piccole rischiano di affondare.
Le major possono assorbire il colpo. Le indipendenti no. E tra dazi, inflazione e investimenti in calo, firmare nuovi artisti diventa una scommessa.

Non stiamo parlando di teorie astratte. Stiamo parlando di una catena produttiva che si incrina: dal musicista che compra un pedale d’oltreoceano, al fonico freelance che lavora nei tour, fino al pubblico che si trova biglietti più cari e meno scelte sotto casa.

Mentre scrivo, l’amministrazione Trump è ritornata sui suoi passi impegnandosi in questa guerra solo con la Cina. Ma non è roba da poco, perché per le manifatture cinese passa la maggior parte della produzione delle merci mondiali e questo potrebbe comunque avere delle ricadute negative.

Se lavori nella musica, in qualsiasi punto della filiera, non puoi permetterti di ignorare questo contesto geopolitico. È tempo di iniziare a ragionare come imprenditori culturali a tutti gli effetti:

  • Ottimizza la filiera (anche valutando produzioni locali o mercati alternativi).
  • Pianifica tour con maggiore anticipo e con una stima realistica dei nuovi costi.
  • Sfrutta al massimo il digitale, senza dimenticare che l’esperienza live va ripensata in ottica sostenibile.
  • Se sei una label o un artista indipendente, cerca alleanze: l’isolamento non funziona più.

Questi sono alcuni dei suggerimenti espressi dagli operatori del settore musicale e forse non sono così semplici da realizzare. Ma credo che in questo momento sia veramente necessario guardarsi attorno e seguire lo svolgersi degli eventi perché spesso, in questi momenti critici, si aprono nuove strade e nuove possibilità che però richiedono una visione diversa delle cose.

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